“Ritengo che questa occasione sia stata di estrema importanza per uno scambio di vedute in merito alla riforma della Politica Agricola Comune e per ricordare le specificità dell’agricoltura italiana, alla presenza anche del Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Cioloş, con il quale ritengo fondamentale continuare un dialogo costruttivo e proficuo sulle linee che l’Italia ha indicato con una posizione univoca, raggiunta grazie all’intenso lavoro di tutti i soggetti coinvolti”. Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania, intervenendo questa mattina al summit nazionale sulla riforma della Politica agricola comune, organizzato da Coldiretti a Roma, al quale hanno preso parte, oltre al Commissario Cioloş, anche il Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro, il relatore del Parlamento europeo sul regolamento orizzontale (finanziamento, gestione e monitoraggio della PAC) Giovanni La Via e il Presidente di Coldiretti Sergio Marini.
Una Pac più attuale – “Dobbiamo continuare a riflettere – ha affermato il Ministro Catania – sul modello di PAC che la Commissione europea propone. Questo modello sembra considerare una realtà non attuale, ma piuttosto legata a quella di alcuni anni fa, poiché non tiene conto dell’evoluzione di fenomeni che si sono accentuati fortemente, quali per esempio la volatilità dei mercati e la concorrenza nelle offerte delle materie prime agricole. Uno scenario simile fa sì che l’agricoltore europeo si trovi in difficoltà nel rapportarsi al mercato, rappresentando così l’anello debole della filiera”.
Gli obiettivi futuri – “La nostra priorità – ha proseguito il Ministro – è valorizzare e far riconoscere i prodotti italiani che non trovano un’adeguata remunerazione per il livello di qualità che esprimono, schiacciati dall’offerta di prodotti provenienti da Paesi terzi con prezzi particolarmente competitivi, non compatibili con il nostro sistema. Il modello della PAC proposto dalla Commissione europea vuole che circa 2/3 delle risorse siano spesi per un sistema di aiuti disaccoppiati, legati quasi esclusivamente al criterio della superficie . Se pensiamo che nel nostro Paese, che conta una superficie agricola pari al 7% rispetto al totale europeo, gli imprenditori agricoli con il loro impegno e la loro capacità riescono a produrre circa il 13% del valore della produzione agricola complessiva dell’Unione europea, risulta evidente che un modello di PAC, secondo il quale la ripartizione dei fondi tra gli Stati membri si basa sul criterio della superficie, appare inaccettabile. La domanda che ci si deve porre è se si tratta di un modello funzionale. Non credo che lo sia. Gli aiuti così concepiti risultano probabilmente utili alla proprietà fondiaria e in particolare a quella che decide di dismettere l’attività dell’impresa. Se si fa invece impresa e si sta sul mercato, confrontandosi con la volatilità dei prezzi e con la Gdo, questo modello di PAC non appare la risposta adatta. Abbiamo bisogno di avvicinarci all’impresa e a chi fa impresa”.