«La Politica agricola comune post 2013 dovrà guardare con equilibrio, alle due agricolture presenti in Europa; quella basata sulla massima produttività, agevolata dalla morfologia dei terreni e quella posizionata in collina e montagna (a basse rese produttive e alti costi di produzione) ma con funzioni aggiuntive legate al governo e gestione del territorio». Lo sottolinea Luciano Rossi, direttore di Toscana Cereali (OP con 4.120 aziende agricole aderenti, tra cui 17 Cooperative agricole), in questa fase di discussione sulla proposta della nuova PAC 2014-2020 presentata da Bruxelles lo scorso ottobre. «Tra le misure da introdurre nella nuova PAC – aggiunge Rossi – dovranno esserci anche quelle tese a contenere i danni al territorio e al reddito degli agricoltori derivati dalle calamità naturali, dove siccità e alluvioni si susseguono a causa dei cambiamenti climatici. Le recenti alluvioni che nelle scorse settimane hanno devastato il territorio e provocato vittime, ne sono una dimostrazione. Inoltre – dice – per il mancato reddito, gli agricoltori non coltivano i terreni marginali posizionati in collina e montagna e le conseguenze non possono essere quelle del dissesto idrogeologico e paesaggistico».
Sostenibilità – Una sorta di “cane che si morde la coda” per Toscana Cereali: se non è rispettata la natura si ribella, ma se si hanno politiche agricole che vanno nella direzione di un mancato reddito per gli agricoltori, non si coltivano i terreni marginali in collina e montagna e le conseguenze non possono che essere quelle del dissesto idrogeologico e paesaggistico. Per questo in agricoltura vanno introdotte riforme che introducano incentivi allo sviluppo eco-compatibile. Vite umane e danni economici, è l’ora di invertire la rotta: «Dalla Pac – prosegue il direttore Rossi – ci attendiamo risposte concrete, in termini di competitività per le imprese agricole che sono chiamate a coltivare i terreni posizionati in zone interne, magari poco produttive, ma i più sensibili ai fini ambientali e dove l’opera dell’uomo-agricoltore consente la tenuta del terreno dagli smottamenti e quindi dal dissesto idrogeologico e da quello paesaggistico»
A tutto greening – Segnali innovativi nella proposta di riforma: tra questi il “Greening”, ovvero il rinverdimento della Pac – una misura che da sola assorbe il 30 per cento delle risorse, se applicata correttamente sui terreni sensibili ai fini ambientali – montani e collinari – può dare delle risposte sulla tenuta del reddito delle imprese agricole che vi operino. «Nella misura Greening – spiega Rossi – vanno apportate delle modifiche sostanziali, come l’introduzione della rotazione colturale, bene il processo produttivo Bio ma anche l’agricoltura integrata a basso impatto ambientale e il riconoscimento a premio dell’olivicoltura che è la pianta più diffusa in collina e funge da drenaggio del terreno. La riforma – secondo il direttore di Toscana Cereali – fa un altro piccolo passo in avanti, in direzione delle zone interne e svantaggiate, riconoscendo una piccola percentuale aggiuntiva, al premio unico per ettaro, per coprire gli alti costi di produzione. Anche qui, invece di demolire la riforma proposta della Commissione, si potrebbero avanzare proposte di modifica tese a incrementare quel 5 per cento che rappresenta veramente poca cosa nel contesto della riforma.
No alle speculazioni – Infine – secondo Toscana Cereali – la nuova PAC dovrà tenere conto anche delle speculazioni finanziarie che avvolgono i mercati delle materie prime. E’ successo in diverse occasioni che il mercato, per effetto di questa speculazione, sia sceso ai minimi storici e quindi i ricavi sono stati inferiori ai costi di produzione. Garantire un reddito minimo (come la cassa integrazione in altri settori) è il presupposto per continuare a vedere nuove generazioni fare agricoltura. Importante,per Toscana Cereali, è anche quello di dotare le aziende agricole di organizzazioni di mercato efficienti, il modello “ortofrutticolo”, basato sulle Organizzazioni di Produttori è da prendere a riferimento alfine di tutelare il reddito degli agricoltori dalle multinazionali che operano nel mercato globalizzato.