Resta circoscritto il grado di conoscenza dei consumatori italiani in materia di prodotti Dop e Igp. Un fattore che in generale si riflette sulla capacità di attribuire il giusto valore alle denominazioni d’origine, di coglierne appieno le caratteristiche distintive e di riconoscerne un premium price. È quanto emerge da un’indagine Ismea, di prossima pubblicazione, che analizza il posizionamento di mercato dei prodotti tutelati da marchi comunitari e la percezione nel vissuto del consumatore. L’indagine, condotta tra il 2008 e il 2010 presso 50 catene della grande distribuzione organizzata in 12 città campione, si focalizza su 18 prodotti appartenenti ai comparti dei formaggi, vini, salumi, oli di oliva e frutta. Dalla valutazione complessiva dei risultati emergono alcune aree di criticità che investono principalmente la sfera della conoscenza del consumatore e quella dei rapporti tra produttori e retailer, con le logiche della distribuzione moderna che appaiono spesso distanti dal mondo produttivo di riferimento.
Consumatori – In alcuni comparti merceologici, sottolinea l’Istituto, il vasto assortimento dell’offerta e l’ampia segmentazione in termini di prezzi e linee/formati induce spesso confusione nel cliente. Nel banco take away è frequente, inoltre, il rischio di banalizzazione del prodotto Dop/Igp e di indistinguibilità rispetto al convenzionale. Mentre nella vendita assistita appare fondamentale il ruolo del banconista che spesso, tuttavia, si rivela inadeguato nel trasmettere la conoscenza sui prodotti con marchio Ue. L’analisi di posizionamento – effettuata mediante strumenti di tipo qualitativo quali lo store check, le interviste presso le figure chiave della Gdo, le attività di mistery shopping – ha inoltre evidenziato alcune dissonanze nei rapporti tra produttore e insegne distributive. Spesso, forniture non adeguate ai requisiti e ai quantitativi richiesti dai category manager della grande distribuzione vengono infatti penalizzate sia nelle politiche di referenziamento, sia nell’allocazione sullo scaffale. L’indagine dell’Istituto individua, infine, una serie di azioni correttive di marketing declinate a livello di iniziative di carattere istituzionale, aziendale e distributivo, essenzialmente finalizzate a ridurre il gap informativo attualmente esistente e a migliorare la conoscenza sui prodotti alimentari di qualità.