Intervista di agricultura.it all’assessore all’agricoltura della Regione Umbria Fernanda Cecchini
Assessore Cecchini, che 2011 è stato per l’agricoltura della sua regione, faccia un breve bilancio.
Come ebbi modo di rispondere ad analoga domanda che mi fu posta lo scorso anno, i bilanci in agricoltura non si possono trarre anno per anno, è necessario fare i conti alla fine di un ciclo che per me, come Assessore, si calcola sulla durata della legislatura regionale. Possiamo, comunque, dire che nel 2011 abbiamo seminato per il futuro ed abbiamo anche raccolto i primi frutti di quanto seminato nel 2010. Chi pianta una vite od un olivo deve aspettare almeno 3 anni per raccogliere i primi frutti. Le difficoltà di lavorare in un periodo di profonda crisi e di incertezze sul presente e sull’immediato futuro dell’economia Italiana insieme a quella dell’intera Europa si sono fatte sentire pesantemente nel 2011. La manovra “salva Italia” del nuovo governo Monti non ha certo risparmiato gli agricoltori, così come i tagli delle risorse, per altro decisi dal precedente governo, hanno ridotto pesantemente l’operatività della regione. Per fortuna le produzioni agricole umbre, soprattutto quelle del comparto cerealicolo, di gran lunga il più importante per la nostra regione, hanno continuato anche nel 2011 a segnare un andamento positivo delle quotazioni. Altri comparti, che nel recente passato avevano subito contrazioni sensibili delle vendite, penso al vino, o dei prezzi, penso all’olio, nel 2011 hanno dato segnali di ripresa. Per tornare al tema del bilancio, possiamo dire che anche il 2011 è stato un anno di poche luci e molte ombre per l’agricoltura. La fine del 2011 ha, tuttavia, segnato un punto di svolta. Finalmente abbiamo un governo autorevole. La scelta di mantenere la delega dell’Agricoltura fatta dal Primo Ministro Monti è un segnale importante di attenzione al settore. La scelta del Ministro Catania garantisce competenza e ci fa riguadagnare molti punti sullo scenario Europeo. Come Assessore abbiamo lavorato e intendiamo lavorare per dare risposte positive alle aziende utilizzando al meglio gli strumenti della programmazione comunitaria, in primis il Programma di Sviluppo Rurale. È significativo che nel 2011 agli agricoltori della nostra Regione siano arrivati oltre 120 milioni di Euro di fondi del PSR. Siamo riusciti, almeno in parte, a recuperare i ritardi accumulati nei pagamenti ed abbiamo triplicato la spesa media che eravamo stati capaci di realizzare nei 4 anni dal 2007 al 2010.
Cosa le piace e cosa non le piace della proposta di riforma della Pac, presentata recentemente (12 ottobre) dalla Commissione Europea, per quanto riguarda la sua regione?
L’analisi delle proposte di riforma della PAC è ancora in corso. Le bozze di regolamento da sole non bastano a delineare con chiarezza le ricadute che della riforma a livello di singolo produttore e non permettono, almeno in quest fase, di comprendere a pieno le possibili ricadute sull’agricoltura umbra.
La crisi economica dell’Europa pone seri dubbi su come potrà concludersi il negoziato sulle prospettive finanziarie e quindi sul bilancio comunitario 2014-2020. Senza una certeza di risorse è difficile stimare le conseguenze. Oltre tutto, anche a voler prendere per buone le tabelle allegate alle proposte queste si limitano a “dare i numeri” dei probabili budget nazionali per i pagamenti diretti, niente, invece, viene detto delle risorse assegnate ad ogni singolo stato membro per lo sviluppo rurale che, come noto, ha un grande valore per la nostra regione che ha sempre saputo primeggiare nell’utilizzo delle risorse PSR e, per questo, si è vista riconosciuta una sorta di “premialità”. Fatte queste doverose premesse il giudizio complessivo che mi sento di poter esprimere sulle proposte e di moderata soddisfazione. La perequazione tra agricoltori dei vecchi stati membri, con una PAC più ricca, e agricoltori dei nuovi paesi membri è stata limitata e graduata nel tempo con un sacrificio limitato ed una riduzione di risorse che per l’Italia si attesta intorno al 6% in valore assoluto a prezzi correnti e che, depurata dall’inflazione, a prezzi costanti dovrebbe attestarsi al 12% nel 2019, anno di entrata a regime della riforma. Anche in questa partita, tuttavia, l’assenza del governo Berlusconi e l’evanescenza dei ministri agricoli succedutesi con cadenza semestrale ha fatto si che l’Italia fosse penalizzata più di altri paesi che pure, molto ricevono dalla PAC. Come Umbria, considerato il valore medio dei premi PAC ad ettaro percepiti dai nostri agricoltori, non dovremmo avere ripercussioni troppo pesanti in termini di budgetoi complessivo. Grandi e pesanti redistribuzioni sono, tuttavia, prevedibili tra aree della regione, a scapito delle aree pianeggianti ed a vantaggio delle zone interne, così come tra settori produttivi, a vantaggio delle colture che storicamente non percepivano premi ad ettaro, penso ai viticoltori ed ai frutticoltori ma anche a che pratica zootecnia su pascoli e prati permanenti. Scongiurato, quindi, un impatto eccessivamente traumatico per il sistema agricolo Umbria nel suo complesso, la futura programmazione ci pone dinanzi la sfida del governo dei fenomeni redistributivi a livello interno. Per questo una parte rilevante possono giocare le politiche di sviluppo rurale. Per questo, sui tavoli nazionali, dove verranno discusse le grandi tematiche legate alla scelta di come attuare la “regionalizzazione” prevista dalla nuova PAC noi porremo con forza la condizione che, accanto agli accordi su come le risorse dei pagamenti diretti vengono ripartite tra le diverse aree del pese, vengano definite già da oggi i criteri per la ripartizione delle risorse dello sviluppo rurale, forti, su questo, dell’ottima performance che la regione sta avendo nell’utilizzo dei fondi PSR dell’attuale periodo di programmazione 2007-2013.
Quali sono i principali punti di forza e le maggiori criticità della “sua” agricoltura?
L’agricoltura umbra, ma quella Italiana in generale, soffrono di debolezza strutturali, legate, soprattutto, alle piccole dimensioni ed alla scarsa patrimonializzazione, che ci collocano in una posizione di debolezza di fronte alla globalizzazione dei mercati. Oltre a queste criticità l’agricoltura umbra fatica ad affrancarsi da una sorta di “dipendenza” da politiche di sostegno pubblico che, di fatto, hanno condizionato le scelte imprenditoriali e che, non sempre hanno avuto effetti positivi. Una importante parte dell’agricoltura regionale sta ancora leccandosi le ferite lasciate dalla fine degli aiuti al settore del tabacco e stenta a trovare alternative che le consentano di sopravvivere. La fluttuazione dei prezzi e la costante ascesa dei costi di produzione fa si che sia tutta l’agricoltura regionale a soffrire. I dati del recente censimento stanno a dimostrare che il trend che avevamo intuito, di una contrazione sensibile della produzione lorda vendibile agricola regionale è confermato dai numeri. Il numero di aziende attive è diminuito, il numero di addetti anche. Per alcuni settori la crisi morde di più, per fattori contingenti, vedi tabacco, a causa della volatilità dei prezzi, vedi i cereali, per la contrazione dei consumi generata dal minore potere di acquisto dei consumatori, vedi il vino, a causa dell’aumento dei costi di produzione, vedi zootecnia o olio. Nel complesso è, tuttavia, tutta l’agricoltura a risentire della crisi.
Dopo aver parlato delle difficoltà è bene, comunque, valorizzare anche le tante opportunità che dovremo sempre più saper cogliere. Penso alla green economy. Il Regolamento regionale che ha chiarito, speriamo in maniera definitiva, che i digestati non sono rifiuti e possono essere quindi utilizzati in agricoltura per concimare ha, riteniamo, spianato la strada a nuovi investimenti nel biogas. La stessa riforma della Politica Agricola Comune, attraverso la ridistribuzione più equa del sostegno, potrebbe dare nuova competitività a settori come l’ortofrutta o la zootecnia estensiva, fino ad oggi penalizzate. Ho potuto toccare con mano, come Assessore, di quanto forte e radicato sia il sistema di imprese che fanno qualità e innovazione nella nostra regione su cui puntare per costruire l’aricoltura del futuro. Dobbiamo saper lavorare di più e meglio sulla valorizzazione del patrimonio rappresentato dalla risorsa Umbria per farlo percepire ed interiorizzare nell’immaginario dei consumatori. Le criticità e le opportunità vanno gestite con politiche intelligenti, mirate. Politiche per stimolare l’aggregazione e la costruzione di reti di imprese nei settori più frammentati e meno organizzati per fare massa critica. Coerentemente con questa logica le politiche regionali, soprattutto quelle del PSR con le relative risorse, vanno rimodulate e concentrate su specifici e ben individuati settori in grado di aggredire i mercati nazionali, europei ed extra europei. Va avviata una nuova strategia di promozione integrata che leghi le produzioni locali ai valori ed all’immagine dell’Umbria cuore verde d’Italia. Concentrare gli sforzi e fare squadra, questa è la ricetta per superare le criticità e valorizzare i punti di forza.
Fra i problemi del mondo agricolo la forse eccessiva burocrazia: quali sono le principali azioni fatte in questa direzione e quelle in programma?
Era proprio pensando al fronte della semplificazione cui mi riferivo all’inizio dicendo che il 2011 ha prodotto già i primi frutti. Penso alla radicale semplificazione introdotta con lo scioglimento dell’ARUSIA e la recentissima approvazione della riforma endoregionale che scioglie le 5 comunità montane rimettendo deleghe e competnze in capo a soggetti giuridici diretta espressione della volontà popolare quali le Unioni dei Comuni. Questa innovazione di carattere istituzionale produrrà, già dai primi mesi del 2012 i sui positivi effetti in termini di chiarezza nell’attribuzione delle competenze e di rimozione di alcune incrostazioni burocratiche che avevano appesantito il sistema. Nella stessa direzione va la legge n. 8 sulla semplificazione amministrativa che supera numerosi ostacoli posti a chi intende intraprendere, ivi comprese le aziende agricole. A breve adotteremo gli atti conseguenti andando a definire i procedimenti che, ai sensi dell’art. 27 della Legge 8, permetteranno una notevole “Semplificazione degli adempimenti amministrativi in agricoltura” andando a delegare ai Centri Autorizzati di Assistenza Agricola CAA molte certificazioni ed autorizzazioni che prima dovevano, per forza, essere richieste pubbliche amministrazioni e che, nel prossimo futuro, potranno essere certificate dai CAA con una notevole riduzione dei tempi e degli oneri a carico dell’agricoltore. Sul fronte degli adempimenti burocratici per la gstione dei fondi comunitari ci stiamo muovendo, ma non nascondo le difficoltà incontrate visto che la materia vede coinvolti numerosi interlocutori, primo tra tutti i servizi della Commissione Europea ed in Italia AGEA, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, che, seppure commissariata, determina ancora lentezze e colli di bottiglia che si riverberano in modo negativo sull’efficienza della regione ed i cui ritardi gravano sull’agricoltore. Contiamo sull’intervento in tempi brevi del Ministro Catania, che conosce molto bene queste questioni, per poter migliorare anche su questo fronte.
Infine, dia un voto da 0 a 10 allo stato di salute dell’agricoltura dell’Umbria.
Come ebbi modo di dirvi lo scorso anno, ribadisco che non c’è un’agricoltura umbra, la nostra regione vanta approcci e culture (con la U non per sbaglio) agricole diverse tra loro ed ognuna portatrice di valori e di specificità. Quindi non voglio e non posso sintetizzare tutto questo in un giudizio così sintetico come un voto da 0 a 10. Di solito, comunque, mi si conceda la battuta, anche i maestri più severi davano un voto da 1 a 10, lo zero credo non lo meriti nessuno. Riprendo, quindi, la pagella data nel 2010 per vedere se ci sono stati cambiamenti e di che segno. Nel 2010 avevo dato un 5 alla frammentazione del sistema delle imprese ed alla disorganizzazione in cui versano molti settori. Non ho colto grandi segnali di mutamento nel 2011, anche se, ad esempio, il tentativo della Grifo di allargare gli orizzonti dal latte all’itero omparto agroalimentare sia un buon sintomo di miglioramento. Avevo dato 8 al recupero effettuato nel 2010 di un metodo di confronto e di concertazione che si era diluito e che abbiamo saputo ricostruire. Confermo l’8 e devo dire che il metodo si è allargato uscendo dal cortile del confronto con le sole organizzazioni degli agricoltori per allargarsi al confronto con tutte le rappresentanze degli interessi socialmente più rilevanti. Avevo dato 5 alla burocrazia ed alla complessità del sistema pubblico. Su questo fronte penso che nel 2011 abbiamo guadagnato la sufficienza quindi do un bel 8 sulla base dell’impegno mantenuto dalla Giunta di razionalizzare e semplificare l’apparato pubblico che si occupa di agricoltura. Sono costretta a confermare il 5 per la dipendenza del settore dagli aiuti pubblici sperando che la imminente riformarma della PAC possa trasformare questo 5 in un 7 rendendo il sostegno più equo e più mirato alle aziende attive. Confermo, infine il 10 alle imprese umbre che ho avuto modo di conoscere meglio e più da vicino e che mi hanno dimostrato ancora di più la loro volontà, anche in questo periodo di incertezze, di fare innovazione e qualità. Come media siamo sul 7 e ½, meglio del 7 di partenza, c’è, tuttavia, ancora da impegnasi per migliorare ed arrivare al 10.
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