Sequestri GDF sul biologico, mercato milionario che fa gola agli agro-pirati

Proprio a causa della sua crescita milionaria, il biologico è diventato particolarmente appetibile per gli “agro-pirati” e quindi più facilmente oggetto di frodi e sofisticazioni. Ecco perché operazioni come quella della Guardia di finanza di Ravenna sono importantissime. Ora più che mai è necessario mantenere alta l’attenzione sul settore, intensificando i controlli. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, che plaude al maxi-sequestro da parte della Gdf di Ravenna di oltre 1.700 tonnellate di falsa soia biologica geneticamente modificata proveniente dall’Est Europa e venduta in Italia.

Bio – Nel nostro Paese la spesa per il “bio” è aumentata nel 2011 dell’8,9 per cento, mettendo a segno il sesto incremento annuo consecutivo – sottolinea la Cia – e oggi il 75 per cento degli italiani dichiara di acquistare prodotti biologici almeno una volta al mese. Alimentando così un business che in Italia vale 3 miliardi di euro, ma che a livello mondiale ha raggiunto la quota di ben 55 miliardi di dollari l’anno.

Mercato in espansione – Ma proprio perché si tratta di un mercato in continua espansione – osserva la Cia – il settore del biologico ha cominciato a fare gola alle mafie e ai “professionisti della truffa agroalimentare”, pronti a falsificare carte e certificati pur di accaparrarsene una fetta. Per questo, oggi bisogna lavorare sulle regole e prevedere politiche agricole “ad hoc” che controllino i mercati. E’ indispensabile aumentare le ispezioni, inasprire sanzioni e pene – continua la Cia – ma soprattutto lavorare sulla trasparenza in tutti i passaggi della filiera. Solo così si possono proteggere sia le aziende sane che fanno grande il settore sia le famiglie consumatrici, che non devono smettere di fidarsi del “bio” a causa di fatti come questo, in cui addirittura si voleva spacciare per biologica soia con presenza di Ogm in quantità superiore a quasi il doppio del limite consentito. E gli italiani sono stati chiari sui prodotti transgenici a tavola -conclude la Cia- bocciandoli in maniera inequivocabile con percentuali vicine all’80 per cento.    

 

 

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