«Quando Matera esce dalla città porta con sé un pezzo di pane» recita un detto popolare della zona. Non un pezzo di cuore ma di pane: immagine emblematica per descrivere quanto questo prodotto sia caro ai materani. E se si va a toccare questa antica tradizione? Come accade con qualsiasi altra tradizione popolare dello Stivale, scoppia la polemica. Fanno discutere le dichiarazioni dello chef Vissani, ospite della Regione Basilicata in occasione della rassegna “Olivarum” (che ogni anno assegna un riconoscimento ai migliori produttori d’olio di Basilicata), dove il più noto anchor-man dei fornelli della tv italiana ha stigmatizzato negativamente il pane di Matera Igp con "E’ una scopiazzatura di quello di Altamura". «Non ci sorprendono le dichiarazioni di Vissani – risponde Giovanni Schiuma, direttore del Consorzio del Pane di Matera Igp -; lo chef non è nuovo a simili exploit ed è ben nota la sua predilezione per il Pane di Altamura Dop. Anche in altre occasioni, tra l’altro, aveva sfoggiato sempre la stessa battuta. Abbiamo però imparato a conoscerlo: preferisce il prodotto dei nostri cugini pugliesi, ce ne faremo una ragione».
Direttore, cosa vi fa infuriare maggiormente?
«Non siamo arrabbiati. L’unica cosa che imputo a Vissani è di essere venuto in una città, Matera, nota per il suo pane, ed ha fatto un’uscita, più o meno consapevolmente, che denota soprattutto scarsa informazione e conoscenza del prodotto. I pani di Altamura e Matera hanno un’origine territoriale comune, la Murgia, e ci tengo a sottolineare che non sono bibite».
In che senso?
«Si tratta di due prodotti tipicissimi che fino a un secolo fa venivano fatti nelle case. Secondo me è sbagliato anche parlare di città ma occorrerebbe parlare di un’area, quella murgiana, dove attraverso il lavoro di tanti piccoli e medi produttori si arriva a due grandi eccellenze conosciute ed esaltate orami a livello nazionale. Se c’è competizione tra Matera e Altamura, questa dev’essere all’insegna della qualità ed io sono grato ai nostri cugini altamuresi per gli sforzi che vicendevolmente facciamo per migliorare i nostri pani».
Quali sono le differenze quindi tra il Pane di Altamura e quello di Matera?
«Gli ingredienti sono gli stessi: semine di macinato di grano duro, lievito madre, sale e acqua. Ci sono solo delle differenze nel disciplinare. La Dop di Altamura impone ai produttori di usare almeno l’80% di semole provenienti dal territorio murgiano. La nostra Igp invece ci dice che deve essere almeno del 20% la percentuale di grano Cappelli, una tipo di grano duro molto pregiato che può crescere anche fino i 180 cm. I produttori del Consorzio del Pane di Matera però – continua il direttore – hanno raggiunto un accordo di autoregolamentazione che impone l’utilizzo di solo grano duro lucano per la produzione del pane. Così come tradizione vuole».
Allora nessuno ha copiato da nessuno?
«Non è una gara infatti a chi è più antico. Non credo che nessuno tra Matera e Altamura voglia rivendicare il prodotto e brevettarlo, se vogliamo usare questo termine. Il vero probelma sta nella qualità. Se i due Consorzi, di Matera e Altamura, promuovono la qualità dei rispettivi pani, tutto va bene. Agli chef chiediamo invece di non ridurre tutto alla commercializzazione del prodotto: maggiore mercato non fa rima con maggiore qualità».
Visto che parliamo di Dop e Igp, c’è bisogno di tutta questa promozione da parte di illustri chef di fama nazionale e internazionale, visto che le sigle di per sè attribuiscono un riconoscimento della qualità?
«Personalmente credo che tutto può servire. L’importante è che questi grandi chef, tipo Vissani, dicano cose sensate, che si informino, che diano un’informazione quanto più completa ed esaustiva. I cuochi, ormai delle vere e proprie star del tubo catodico, si devono prefigurare che ogni loro parola fa notizia e che ha un’incidenza rilevante sul mercato. Poi possono preferire un prodotto piuttosto che un altro: l’importante però è che le informazioni che passano siano corrette. Le informazioni sbagliate si ripercuoteranno inevitabilmente sui tantissimi produttori che abbiamo in Italia, tutti peraltro di piccola e media dimensione. Sono loro che, attraverso molti sforzi e sacrifici, si prefiggono l’obiettivo di mantenere in vita, e su elevati standard qualitativi, le eccellenze e le tipicità delle loro aree di riferimento. E basta veramente poco per vanificare questi sforzi. Basta una battuta detta per far colpo sul telespettatore per avere gravi e dannose incidenze sul mercato…».