La crisi stravolge la spesa degli italiani. Non solo cambiano le abitudini, con il ricorso più frequente al discount e il “taglio” in quantità e qualità dei prodotti acquistati, ma si modificano i budget destinati ai vari capitoli di spesa. Con uno sbilanciamento sempre più evidente verso trasporti ed energia a discapito della voce “cibo e bevande”. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando il report sui consumi delle famiglie nel 2011 diffuso oggi dall’Istat.
Cambiano i consumi – Fino a due anni fa, la quota di spesa per generi alimentari e bevande rappresentava un quarto della spesa complessiva delle famiglie. Ma dallo scorso anno -sottolinea la Cia- questa quota è andata pian piano riducendosi fino a toccare il 19 per cento del totale: il “caro-carburanti” e i vari rialzi delle tariffe energetiche hanno costretto i consumatori a togliere soldi a beni essenziali come pane, pasta e carne e destinarli invece ad altri capitoli di spesa. La conseguenza è che nell’ultimo anno ogni famiglia italiana ha dovuto “sborsare” più per combustibili, energia elettrica e trasporti (483 euro al mese) che per gli alimentari (477 euro al mese). Questo significa un ulteriore indebolimento dei consumi alimentari, che nel 2011 sono crollati del 2 per cento e che quest’anno rischiano un tonfo ancora peggiore. D’altra parte, come ha evidenziato l’Istat, ben il 35,8 per cento delle famiglie nel 2011 ha diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati. Ma anche in questi primi sei mesi del 2012 -osserva la Cia- i comportamenti d’acquisto degli italiani rispecchiano quella stessa prudenza registrata l’anno scorso, che si traduce in un carrello alimentare orientato al massimo risparmio.
Attenzione alla spesa – Secondo i nostri ultimi dati infatti – conclude la Cia – il 71 per cento delle famiglie ha riorganizzato le spese per la tavola: comparando i prezzi con più attenzione (il 65 per cento); cercando sconti, promozioni commerciali e offerte speciali (il 53 per cento); privilegiando le grandi confezioni, il cosiddetto “formato convenienza” (il 42 per cento); comprando quasi esclusivamente nei discount (il 39 per cento).