L’Italia è in debito di suolo. Mentre la cementificazione avanza a ritmi frenetici, facendo prevedere tra vent’anni un consumo superiore ai 70 ettari al giorno, l’agricoltura continua a perdere terreno, avendo dovuto rinunciare solo negli ultimi dieci anni a 1,9 milioni di ettari, una superficie pari all’intera regione del Veneto.
Patrimonio a rischio Ma perdere terreno agricolo vuol dire da un lato aumentare la nostra dipendenza dall’estero nel capitolo alimentare e dall’altro mettere a rischio un patrimonio paesaggistico rurale che vale 10 miliardi di euro l’anno. Ecco perché il disegno di legge presentato oggi dal ministro Mario Catania, trova tutto il nostro appoggio e il nostro sostegno, andando nella direzione da noi auspicata da anni. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori in occasione della presentazione del rapporto “Costruire il futuro. Difendere l’agricoltura dalla cementificazione”, organizzata dal ministero delle Politiche agricole.
Ricorso alle importazioni L’estensione della superficie agricola -spiega la Cia- è legata direttamente alla sicurezza alimentare. Ed è per questo il consumo di suolo coltivato rischia di riflettersi sulle cifre dell’approvvigionamento alimentare in Italia, dove a tutt’oggi si arriva a coprire il fabbisogno di cibo di tre cittadini su quattro. Dovendo ricorrere alle importazioni per coprire questo deficit produttivo. D’altra parte, però, gli italiani credono nell’agricoltura e l’88 per cento di loro si dichiara preoccupato per l’abbandono delle campagne e per la crisi del settore che ha perso più di 11 mila imprese dall’inizio dell’anno. Se da una parte cresce la domanda di cibo, dall’altra diminuiscono le terre coltivate. Una contraddizione che va fermata e affrontata -afferma il presidente della Cia Giuseppe Politi- sia a livello nazionale che a livello globale, dove le stime di Fao e Ocse per i prossimi dieci anni parlano di un rallentamento della crescita produttiva mondiale, che passerebbe dal più 2 per cento medio annuo attuale a un incremento dell’1,7 per cento nel prossimo decennio. Un dato che preoccupa se pensiamo alla costante crescita demografica che ci porterà nel 2050 a superare la soglia dei 9 miliardi di abitanti nel Pianeta.
Politica del territorio assente “Una nuova attenzione al territorio, quindi, oggi più che mai -afferma il presidente della Cia Giuseppe Politi- è fondamentale per motivi ambientali, anche per motivi alimentari. In Italia, al contrario, per anni è mancata una vera politica sul territorio. E il disegno di legge proposto dal ministro Catania può costituire un primo cambio di rotta per costruire un sistema ambientale realmente sostenibile, che faccia dell’agricoltura un volano di riequilibrio territoriale, produttivo e sociale”.“Il nostro impegno -sottolinea Politi- in questa direzione nasce dai lontani anni ‘80 e dalla proposta di legge di iniziativa popolare presentata alla Camera nel giugno del 1994 con la raccolta di oltre 65 mila firme. Una proposta ancora estremamente attuale, soprattutto a causa della mancata manutenzione del suolo, del degrado, della cementificazione selvaggia e abusiva, dell’incuria ambientale, dell’abbandono delle zone collinari e montane dove è venuto meno il fondamentale presidio dell’agricoltore”.“Ma l’impegno della Cia in questi anni non è mai venuto meno e ha trovato nella ‘Carta di Matera’, firmata dall’Anci e da migliaia di comuni italiani, un documento importante che punta a creare un futuro con più agricoltura e una politica territoriale veramente efficace. Dobbiamo cambiare pagina. Frane, alluvioni, smottamenti sono un pericolo incombente, specialmente nelle aree marginali di collina e di montagna. Poco si è fatto per evitare l’abbandono da parte degli agricoltori, la cui opera di presidio e di manutenzione in certe zone è fondamentale.”.