Olio, presto un marchio per l’alta qualità italiana. Agricoltori apprezzano proposta Mipaaf

Un marchio nazionale per l’alta qualità italiana nel settore olivicolo potrebbe non essere più un miraggio. La proposta del ministero delle Politiche agricole di istituire un sistema di qualità nazionale (SQN) per la produzione di olio d’oliva extravergine di elevata qualità va in questa direzione e trova tutto il nostro sostegno. Da tempo chiediamo la definizione di una sorta di “brand” in grado di valorizzare la qualità e l’autenticità dell’olio extravergine “made in Italy”. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori. Considerata anche la volontà della Commissione europea di incentivare le produzioni di qualità anche nella futura programmazione della Pac (2014-2020) -spiega la Cia- il ministro Mario Catania mira a istituire il sistema di qualità nazionale, già utilizzato nella zootecnia, anche per altri settori. In particolare per il settore olivicolo.

Passo in avanti – Si tratterebbe di un passo avanti positivo e molto importante per il comparto -osserva la Cia-. Gli olivicoltori italiani chiedono giustamente un riconoscimento per la qualità del loro prodotto, che non sempre è remunerata dal mercato. In questo senso, l’SQN rappresenterebbe un veicolo nuovo per portare risorse ai produttori: attraverso lo sviluppo rurale 2014-2020; riuscendo a distinguere l’extravergine italiano rispetto agli altri paesi europei e riuscendo quindi a vendere il prodotto sul mercato a un prezzo più equo per i produttori; promuovendolo con più facilità sui mercati emergenti. In più con l’SQN si valorizzerebbe anche il processo di trasformazione degli oli, in grado di caratterizzare il prodotto italiano.

Qualità nazionale – Per attuare l’SQN, il ministero intende definire un decreto che disciplini il sistema di qualità nazionale e concordare un unico disciplinare nazionale. Un disciplinare in cui -evidenzia la Cia- bisogna puntare a valorizzare tutti quei parametri chimico-fisici e quei processi di trasformazione che solo in Italia è possibile fare: ad esempio livelli di acidità e livelli di alchil esteri inferiori rispetto a quelli previsti dalle normative comunitarie. E’ una proposta che ha il nostro pieno appoggio -ribadisce la Cia- e che speriamo ora abbia un iter breve e condiviso da tutta la filiera. D’altra parte, il comparto olivicolo è di primaria importanza per l’economia italiana. Il settore impegna più di un milione di aziende per una produzione media annua che si aggira intorno a 500 mila tonnellate, di cui il 30-40 per cento destinato all’export. Le piante di olivo in produzione sono circa 160 milioni per un valore sui mercati di oltre 3 miliardi di euro e un consumo pro capite che nel nostro paese raggiunge i 12-14 chili l’anno.

 

  

 

Informazione pubblicitaria