Sistema idrico nazionale obsoleto. Un litro su tre e i campi sono all’asciutto

L’agricoltura perde terreno. Mentre la cementificazione avanza a ritmi elevatissimi, facendo prevedere tra vent’anni un consumo di suolo superiore ai 70 ettari al giorno, il settore primario ha dovuto rinunciare solo negli ultimi dieci anni a quasi 2 milioni di ettari, una superficie pari all’intera regione del Veneto. Ma perdere suolo agricolo vuol dire aumentare la nostra dipendenza dall’estero sul fronte alimentare, oltre che mettere a rischio un patrimonio paesaggistico rurale che vale 10 miliardi di euro l’anno. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione della discussione in Cdm della bozza del ddl contro il consumo di suolo agricolo presentato dal ministro alle Politiche agricole Mario Catania. “Una proposta che incontra il nostro appoggio e il nostro sostegno, andando nella direzione da noi auspicata da anni”, afferma il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi.Dall’estensione della superficie coltivata -spiega la Cia- dipende direttamente l’autosufficienza alimentare del nostro Paese, che ad arriva a coprire il fabbisogno di cibo di tre cittadini su quattro. E se si va avanti a questo ritmo la sottrazione di terreni agricoli rischia di aumentare considerevolmente la nostra dipendenza dall’estero. Dovendo ricorrere ulteriormente alle importazioni per coprire il deficit produttivo. Da una parte cresce la domanda di cibo e dall’altra diminuiscono le terre coltivate. Una contraddizione che va affrontata –continua la Cia- sia a livello nazionale che a livello globale, dove Fao e Ocse stimano che per sfamare i 9 miliardi di persone che saremo nel 2050 bisognerà aumentare la produzione agricola del 60 per cento in 40 anni. “Una nuova attenzione al territorio, quindi, -afferma il presidente della Cia Giuseppe Politi- è oggi fondamentale per motivi ambientali, ma anche per motivi alimentari. E il disegno di legge proposto dal ministro Catania può finalmente voltare pagina e riempire un vuoto importante: in Italia, infatti, per anni è mancata una vera politica sul territorio”. “L’impegno della Cia contro la cementificazione e l’abusivismo, l’abbandono dei terreni in quota e il conseguente degrado ambientale, è nato negli anni ’80 ma trova oggi nella ‘Carta di Matera’, sottoscritta dall’Anci e da migliaia di comuni italiani, un documento importante che punta a creare una politica territoriale veramente efficace che affronti seriamente anche il problema del dissesto idrogeologico. Frane, alluvioni, smottamenti sono un pericolo incombente, specialmente nelle aree marginali di collina e di montagna. Poco si è fatto per evitare l’abbandono da parte degli agricoltori, che hanno un ruolo fondamentale non solo nella produzione alimentare ma anche nel presidio del territorio”.

  

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