Non solo sull’uva, ma anche su olive, nocciole, mele e pere: i cambiamenti climatici, con il progressivo aumento delle temperature e dei periodi di siccità, hanno effetti diretti sulle colture. E sempre più spesso stravolgono i calendari “classici” dell’agricoltura italiana. Lo afferma la Cia – Confederazione italiana agricoltori. Il problema, cioè, non riguarda soltanto la perdita di raccolto dovuta a una certa tropicalizzazione del clima, che mai come quest’estate il settore sta pagando sulla propria pelle con danni stimati per 1,2 miliardi di euro – spiega la Cia -. La questione è più ampia: non si tratta di cali di resa, ma di cicli di produzione che si sono ridotti e anticipati.
20 anni – In vent’anni ci sono stati cambiamenti significativi nell’anticipazione della raccolta – osserva la Cia -. In particolare nella stagione estiva, rispetto al trentennio 1960-1990, i cicli vegetativi si sono anticipati mediamente di 5-10 giorni al Nord e di 7-12 giorni al Centro-Sud, con punte in Sicilia di 15-20 giorni. E a risentirne di più sono proprio le coltivazioni dell’estate piena, con riduzioni e anticipazioni importanti ad esempio per uva da tavola e pesche. Ma uno spostamento costante si registra anche sulla vendemmia e sulla raccolta delle olive.
Ma a preoccupare di più è soprattutto la scarsità dell’apporto idrico – I lunghi periodi di assenza di precipitazioni, intervallati a temporali brevi e violenti, innescano fenomeni di dissesto idrogeologico: la siccità “impoverisce” il suolo rendendolo meno produttivo e sui terreni così stressati le piogge intense e improvvise non fanno che aggravare la situazione, provocando allagamenti e frane. Senza contare che i cambiamenti del clima – conclude la Cia – impongono di lavorare seriamente a una rete idrica realmente efficiente, con opere infrastrutturali per la manutenzione, il risparmio e il riciclo delle acque. Considerato che oggi lungo le tubature italiane si perde in media più di un litro su tre.