“La Toscana insiste: anche un solo chicco di mais geneticamente modificato significherebbe distruggere l’impegno delle imprese agricole toscane che basano il loro sviluppo sulla qualità, tipicità, legame con il territorio, differenziazione rispetto ai tanti prodotti omologati già presenti sul mercato”. E’ un Gianni Salvadori molto determinato a commentare la sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla vertenza fra Ministero dell’Agricoltura italiano e la Pioneer, azienda leader mondiale nella produzione di sementi anche Ogm. Ricordata con forza la posizione di Regione Toscana contraria agli Ogm “confortata dalla contrarietà della maggioranza dei cittadini e degli agricoltori alle coltivazioni Ogm nonché dal parere espresso dal Consiglio regionale della Toscana all’unanimità” e ribadita la “insostenibilità economica della coesistenza tra coltivazioni GM e non GM”, l’assessore toscano all’agricoltura sostiene che la sentenza “non cambia la nostra posizione” anche se “adesso occorre ricercare nuovi strumenti giuridici per permetterci di perseguire la nostra strategia politica”. Dall’assessorato toscano all’agricoltura arrivano già alcuni suggerimenti tecnici per confermare, dopo la sentenza europea, il contrasto alla coltura di sementi Ogm: invocazione della clausola di salvaguardia come richiesto all’unanimità dalle Regioni italiane al Governo “per mantenere il territorio italiano libero da coltivazioni transgeniche; nonché il sostegno a una proposta della Commissione UE che modifica una precedente Direttiva prevedendo la possibilità, per gli Stati membri, di limitare o vietare la coltivazione di Ogm sulla base di motivazioni, stavolta, socio-economiche. A tale proposito Salvadori fa appello a tutte le regioni italiane per “concordare le modalità con le quali far sentire la nostra voce e potersi così presentare in modo compatto di fronte alla Commissione Europea”. Per Gianni Salvadori sarebbe anche necessario un pronunciamento del Parlamento italiano contro gli OGM “che impegni il governo ad agire sulle istituzioni europee al fine di ottenere una rapida approvazione della modifica della normativa comunitaria”.
Il commento della CIA – L’Unione europea deve adottare al più presto norme chiare e comuni in materia di Ogm, dall’etichettatura alla coesistenza. E la sentenza di oggi della Corte di Giustizia di Lussemburgo, che sottolinea come non possono essere bloccate le varietà biotech autorizzate da Bruxelles, lo conferma in maniera palese. È quanto sostiene la Cia-Confederazione italiana agricoltori, che ribadisce la sua contrarietà agli organismi geneticamente modificati e la necessità di un’azione ferma da parte dell’Italia in Europa. La sentenza -che dà ragione alla Pioneer- evidenzia la debolezza dell’Ue sull’intera normativa che, purtroppo, presenta tante e troppe lacune. Ecco perché -aggiunge la Cia- è quanto mai opportuno superare l’attuale stallo, accelerare il confronto tra i Paesi e cercare di arrivare ad adeguato quadro legislativo. La Cia ribadisce che l’agricoltura italiana non ha bisogno degli Ogm. La nostra ferma contrarietà -afferma- non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l’utilizzazione del biotech può annullare la nostra idea di agricoltura. Annullare l’unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt’altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo può fare senza ricorrere agli organismi geneticamente modificati, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi con risultati eccezionali.
La Regione Veneto – “L’agricoltura veneta ha interesse ad essere Ogm free sul mercato mondiale. Al più presto convocheremo la task force anti Ogm per ribadire questa posizione, già espressa più volte in maniera netta e inequivocabile. E sia chiaro che Ogm significa organismi geneticamente modificati e coperti da brevetto, non organismi geneticamente migliorati”. Lo ha ribadito l’assessore all’agricoltura del Veneto Franco Manzato, secondo il quale “la sentenza della Corte di giustizia nulla cambia rispetto alle politiche che la Regione ha adottato per garantire le produzioni di qualità. Essa infatti si limita a considerare illegittimo un blocco indiscriminato e aprioristico di messa a coltura del transgenico, non tenendo conto che le amministrazioni centrali e quelle regionali non pongono un divieto generale ma rispetto alle garanzie di non contaminazione”. “Ed è questo uno dei nodi centrali, oltre al rischio di rendere gli imprenditori agricoli di fatto terzisti verso le decisioni e le scelte economiche delle multinazionali che producono, pensano e guadagnano all’estero. Il Veneto – ha confermato Manzato – non intende abdicare rispetto alla valorizzazione delle sue qualità, delle produzioni a denominazione e tipiche, della garanzia di essere agricoltura ogm free esibibile sul mercato e al consumatore rispetto a produzioni generiche e mondializzate, modificate geneticamente. Tutto questo, peraltro, avviene a fronte di normative europee sulle quali è in atto una discussione profonda. Ricordo che, come affermato anche ieri nel corso della IX Conferenza della rete delle Regioni europee Ogm free, la coesistenza tra colture transgeniche e quelle non ogm è estremamente costosa e per noi impossibile finchè non sia stabilito che il prezzo della contaminazione deve essere pagato da chi inquina. Il danno è potenzialmente immenso, perché i produttori perdono la possibilità di etichettare i loro prodotti come OGM free e rischiano di diventare veri e propri schiavi di brevetti altrui che non volevano utilizzare”.
“Porteremo l’argomento a livello nazionale attraverso la Commissione politiche agricole – ha concluso Manzato – che ha già ribadito più volte la posizione non contraria alle sperimentazioni ma a coltivazioni senza certezze e sicurezze che comprometterebbero le caratteristiche intrinseche, di redditività e di mercato della nostra agricoltura”.