Legge di Stabilità, un duro colpo per l’agricoltura

La Legge di Stabilità taglia letteralmente le gambe alle imprese agricole che non potranno più optare per una tassazione su base catastale. Una misura, questa, introdotta dalla Finanziaria 2007 che prevedeva la tassazione forfetaria per le aziende composte da imprenditori agricoli per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Il Governo Monti ha detto: «No mas!» e dal 2013 la semplificazione del regime catastale e tutti gli sconti che comportava verranno annullati.

La nuova misura –
L’agevolazione fiscale di cui dal 2007 avevano goduto gli imprenditori agricoli era stata introdotta per far aumentare la competitività dell’agricoltura italiana. A far cambiare rotta al Governo è stato forse il mancato boom di crescita delle imprese italiane che comunque avevano fatto registrare qualche passo in avanti. La Legge di Stabilità introduce, nel periodo 2012-2014, la rivalutazione del 15% del reddito agrario e dominicale con un moltiplicatore pari a 115. Per i terreni agricoli, anche non coltivati, la rivalutazione scende al 5% e il moltiplicatore a 105.

Le reazioni – Il malcontento è divampato subito nel mondo agricolo. «Non possiamo che esprimere profonda delusione. Le poche misure contenute nella legge di stabilità – ha detto il presidente della Cia, Giuseppe Politi – risultano totalmente insoddisfacenti alle esigenze del settore che fa i conti con costi sempre più opprimenti e con una burocrazia asfissiante. Esigenze che, purtroppo, non siamo riusciti a rappresentare per l’assurda esclusione dal tavolo di confronto a Palazzo Chigi delle Organizzazioni agricole, che abbiamo denunciato e stigmatizzato con estrema decisione». «L’aumento dell’Iva porterà un rincaro di 500 milioni di euro nella spesa delle famiglie. Un aumento che – sottolinea Coldiretti – interesserà nel primo caso prodotti come carne, pesce, yogurt, uova ma anche riso, farine, miele e zucchero, mentre nel secondo ad essere colpiti saranno vino, birra e tartufo. Il provvedimento rischia di provocare effetti depressivi sui consumi alimentari a danno delle imprese e dei consumatori, già provati dalla crisi e dal crollo del potere di acquisto». «Il governo costringe il settore agricolo al nanismo. È una disposizione assolutamente in controtendenza – aggiunge Confagricoltura –. In un momento in cui si vanno a definire norme che devono essere un volano per la crescita, per l’agricoltura, invece, si vara una disposizione che, di fatto, punisce il processo di modernizzazione e frena la nascita di nuove imprese, in chiaro contrasto con i principi della libera iniziativa economica».

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