Le vendite alimentari restano ferme. Non resta che sperare nel Natale

A settembre le vendite al dettaglio dei prodotti alimentari restano ferme al palo, segnando un calo tendenziale dello 0,6 per cento e un aumento misero dello 0,2 per cento rispetto ad agosto. E’ l’ennesimo segnale -se ancora ce ne fosse bisogno- dell’andamento negativo dei consumi degli italiani, sotterrati dal progressivo crollo di redditi e potere d’acquisto e dal parallelo aumento degli oneri fiscali. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati sul commercio al dettaglio diffusi oggi dall’Istat.

Si taglia – La situazione è veramente critica e gli italiani sono costretti a “tagliare” di netto anche sulla tavola. Oggi il 34 per cento delle famiglie del Belpaese (7,4 milioni) dichiara di optare ormai per prodotti “low-cost” o di qualità inferiore -evidenzia la Cia- mentre il 28 per cento (6,5 milioni) ammette di rivolgersi quasi esclusivamente ai discount, ricercando tout-court sconti e promozioni commerciali.

Dati Istat – Una scelta che viene confermata anche dai dati dell’Istat sulle tipologie di esercizio commerciale. A settembre infatti -ricorda la Cia- le vendite di prodotti alimentari vanno bene solo negli hard-discount (+3 per cento), mentre crollano completamente gli acquisti nelle botteghe e nei piccoli negozi di quartiere (-3,5 per cento) e si tengono a galla nei supermercati (+0,6 per cento).

Sotto l’albero – Ora l’unica speranza di ridare un po’ di fiato ai consumi di cibo e bevande viene dalle prossime vacanze di Natale. Secondo le prime stime della Cia, non ci saranno crolli a tavola, anzi. Ben nove italiani su dieci -sottolinea la Confederazione- non taglieranno il budget alimentare per il cenone della Vigilia e per il pranzo del 25 dicembre, preferendo risparmiare su regali e viaggi piuttosto che rinunciare alle tradizioni enogastronomiche.

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