La domanda debole sui mercati globali per colpa della crisi ha contribuito a invertire la corsa dei prezzi delle materie prime alimentari, che hanno chiuso il 2012 in calo del 7 per cento rispetto all’anno precedente. Nonostante sia stato scongiurato il rischio di una nuova emergenza alimentare mondiale, che a luglio sembrava reale, rimane irrisolta la questione dell’eccessiva volatilità delle quotazioni delle commodity. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando il Food Price Index della Fao.
Il trend – Negli ultimi cinque anni, ma soprattutto a partire dalla seconda metà del 2010, i prezzi sui mercati delle materie prime alimentari hanno iniziato ad aumentare molto rapidamente -ricorda la Cia-. Tra luglio 2010 e febbraio 2011, proprio il Fao Food Price Index è cresciuto del 38 per cento. In dodici mesi, da giugno 2010 a giugno 2011, il solo prezzo dei cereali è cresciuto del 71 per cento. La Banca Mondiale ha stimato che questi balzi in alto dei prezzi hanno spinto nella povertà assoluta 44 milioni di persone.
Calano i prezzi delle materie prime alimentari – In più, a livello globale, il costo del paniere dei beni alimentari è cresciuto quasi del 50 per cento in termini reali solo nell’ultimo anno, per colpa del caro-petrolio ma anche delle enormi manovre speculative che hanno trasformato il cibo in un ‘capitale’ da spostare sui mercati finanziari. Ecco perché -sottolinea la Cia- c’è bisogno di più regole, e regole comuni, per stabilizzare i prezzi dei prodotti alimentari a livello internazionale. Le continue oscillazioni dei listini non solo mettono in pericolo la redditività delle imprese agricole, ma hanno conseguenze anche sulle tasche dei consumatori, visto che i rincari delle commodity si riflettono inevitabilmente sui prezzi finali dei beni alimentari acquistati dalle famiglie al supermercato.
Cosa fare adesso – Ma soprattutto bisogna agire con misure di lungo periodo -conclude la Cia- perché se si somma l’eccessiva volatilità dei prezzi delle materie prime alimentari agli effetti dell’aumento demografico, all’aumento della richiesta di cibo nei Paesi emergenti e ai disastri provocati dai cambiamenti climatici, il rischio di non riuscire a garantire l’approvvigionamento alimentare globale diventa concreto, soprattutto in vista di un 2050 in cui saremo 9 miliardi di persone.
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