L’agricoltura è il settore produttivo che ha il saldo negativo maggiore (-16.791 unità). Lo sottolinea Confagricoltura commentando i dati del Rapporto Unioncamere relativi alla nati-mortalità delle imprese italiane nel 2012. “Che la crisi faccia sentire i suoi effetti e aggravi la situazione è fuori discussione, il dato Unioncamere sulla nascita e sulla chiusura delle aziende agricole lo conferma: è il segno di una sofferenza in cui si trovano ad operare tante imprese agricole che non trovano margini di redditività”, osserva il presidente di Confagricoltura Mario Guidi.
L’agricoltura non si arrende – “Non vorrei però che emergesse dalle analisi sulla crisi l’immagine di un’agricoltura che si arrende – aggiunge Guidi. Ci sono imprese agricole strutturate, moderne e competitive che hanno messo in atto, già da tempo, precise strategie per fronteggiare le criticità. Il dato è da leggere, dunque, come segnale di sofferenza ma al tempo stesso di razionalizzazione e riorganizzazione da parte di imprese del settore. Come rivelato dal recente sondaggio che abbiamo svolto con il Censis, infatti, le imprese più evolute hanno adeguato gli impianti e le strutture produttive (75%), ridefinito le politiche di vendita (59%), riorganizzato le procedure di lavoro (57,3%), individuato nuove produzioni e colture (51,7%), ridefinito le funzioni di vertice (30,3%). Solo il 3,7% del campione intervistato non ha apportato alcun cambiamento”. “È chiaro allora che la trasformazione delle imprese ha una forte incidenza sul dato che riguarda la chiusura di molte di loro”, conclude Mario Guidi. “Molti ettari che queste chiusure libereranno resteranno ad attività agricole e c’è da interrogarsi sull’ordine di grandezza di questa trasformazione, potendo essa rivelarsi significativa in ottica di crescita e di rafforzamento per le aziende agricole esistenti”.