In uno scenario contraddistinto da una riduzione inesorabile dei consumi interni che ha portato metà del vino prodotto in Italia ad essere venduto all’estero, le imprese italiane si sono confrontate nell’ambito del convegno di lancio di Wine Monitor su quali strategie adottare, sia per una maggior internazionalizzazione che per rimodulare le politiche di marketing sul mercato nazionale.
Sul versante estero il 2012 ha dato ancora soddisfazione al vino italiano, portandolo al record di 4,7 miliardi di euro di export, sebbene in alcuni mercati la crescita della nostra quota sia stata inferiore a quella media. E’ il caso della Cina dove la nostra incidenza sulle importazioni di vino del paese è scesa – tra il 2011 e il 2012 – dal 6,5% al 6,1%. Oppure del Brasile, dove tale quota si è ridotta all’11,9% contro il 13,7% dell’anno precedente. Anche in Russia, dove a causa di complessità burocratiche legate al sistema delle licenze di importazione che hanno letteralmente “spiazzato” i nostri produttori, l’incidenza dei nostri vini sulle importazioni complessive è calata dal 28,8% al 25,2%. Eppure, nonostante questi “incidenti di percorso”, i BRIC rappresentano i mercati con le maggiori potenzialità di crescita per le nostre produzioni.
ESTERO – Ne è convinto Rolando Chiossi, Vicepresidente del GIV e del Gruppo Cantine Riunite&CIV: “premesso che il Nord America resterà ancora per lungo tempo il principale e più redditizio mercato estero di sbocco, vedo grandi possibilità per i nostri vini in Brasile e Messico che, con la Russia, hanno purtroppo in comune ostacoli tariffari e non tariffari che ci penalizzano rispetto ad alcuni competitor. Anche la Cina, dove attualmente soffriamo un notevole gap di posizionamento rispetto ai vini francesi, cileni ed australiani, rappresenta il mercato in cui occorre investire a lungo termine”. Ma non è solo una questione di spostamento del baricentro strategico mondiale dei consumi di vino (dai mercati più tradizionali a quelli maggiormente coinvolti da alti tassi di crescita economica) a richiedere modifiche nelle strategie di marketing delle imprese italiane.
NUOVI MODELLI – “I cambiamenti in atto sono strutturali, profondi, radicali, irreversibili. Nulla tornerà come prima” – dichiara Emilio Pedron, Amministratore Delegato di Tenimenti Angelini – “occorre quindi il coraggio di costruire nuovi modelli di impresa basati sulla ricerca e l’innovazione, vera e non solamente annunciata”. Servono dunque modifiche radicali nei modelli di impresa per poter essere competitivi in uno scenario mondiale completamente mutato. Ma senza abbandonare il mercato italiano, anche perché ad oggi nessuno se lo può permettere. Anche le imprese più grandi, in grado di esportare un po’ in tutto il mondo, ricavano ancora una buona fetta del proprio fatturato dal mercato nazionale: in media il 38% circa, considerando la Top 10 delle aziende vinicole italiane.
GDO – Allora, su cosa occorre puntare per rilanciare le vendite in Italia? “Il rilancio non può che passare dalla GDO” – sostiene Gianni Zonin, presidente di Casa Vinicola Zonin -“dato che questa è sempre più un canale fondamentale per la distribuzione di vino in Italia. Anche grazie alle ‘enoteche’ inserite nei punti vendita più moderni, create per proporre al consumatore il vino di qualità e in grado di garantire un assortimento di vini migliore, aggiornato e competitivo in termini di prezzi. La grande distribuzione oggi chiede perciò un’attenzione sempre crescente alla qualità dei prodotti, così che, migliorando l’offerta, si possa cercare di arginare il calo dei consumi, dovuto anche alla crisi economica del momento”.
ENOTURISMO – Un’altra leva di sviluppo può essere l’enoturismo. Secondo Donatella Cinelli Colombini, dell’omonima azienda e fondatore del Movimento Turismo del Vino: “l’enoturismo può avere un ruolo determinate per lo sviluppo delle vendite di vino. Il turismo nel mondo cresce a una velocità del 3,3% all’anno, è insomma l’unica economia “matura” che continua a crescere.”
Ricapitolando: export, nuovi modelli d’impresa, GDO ed enoturismo le leve strategiche per lo sviluppo del settore vitivinicolo italiano.
SISTEMA ITALIA – E il “sistema Paese” come può contribuire? Antonio Rallo, presidente di Donnafugata: “la capacità dei produttori siciliani di fare squadra e di fare sistema con le istituzioni sta portando i frutti sperati. La presenza in Sicilia di un unico organismo di controllo, la ricerca in viticoltura portata avanti dall’Assessorato Agricoltura in collaborazione con i privati e le tante attività promozionali del Sistema Sicilia fanno e faranno crescere l’immagine del vino dell’isola così come i fatturati all’estero e finalmente anche il reddito dei viticoltori”.
E sempre in tema di “sistema” e di redditi, nelle conclusioni di Paolo De Castro, Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, si scorgono luci ed ombre sul futuro quadro normativo che dovrà regolamentare il settore in ambito comunitario. “La nuova PAC –Politica Agricola Comune – porterà vantaggi ai viticoltori a seguito dell’allargamento alle superfici vitate tra i beneficiari di pagamenti diretti. E’ invece in corso di negoziato il mantenimento del regime dei diritti d’impianto dopo che il Consiglio ha proposto di azzerarlo dal 2018 contrariamente all’intenzione del Parlamento Europeo di prorogarlo al 2030”. Per sapere come andrà a finire, non resta che attendere la conclusione dei negoziati sulla nuova PAC, prevista – se tutto va bene – per il prossimo mese di giugno.