Il Soave, nell’articolato panorama dei vini bianchi italiani ha saputo nel tempo essere prima fenomeno e poi sistema, trasformando risultati eccezionali in consolidate performance produttive e qualitative.
Questa è la sintesi, dati alla mano, di Soave in 3D, l’evento curato dal Consorzio del Soave, a cui hanno preso parte lo scorso fine settimana oltre 200 persone tra operatori, stampa specializzata e produttori.
Giovedì 30 maggio sono attesi intanto nel Soave altri 100 giornalisti stranieri, chiamati a cimentarsi col nuovo metodo di degustazione del Soave in 3D. Partendo dall’innovativo concetto di tridimensionalità nel vino, declinato in origine, stile, valore, con il contributo di Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università di Milano, Antonio Paoli, giornalista ed enogastronomo, Nicola Frasson, responsabile per il Veneto della Guida Vini d’Italia, Gambero Rosso, si è affrontato il tema del “vino verità”, inteso come un prodotto che appartenga al territorio e che sappia esaltare il legame tra questo e i vitigni originali. Un vino quindi dove lo stile non è schiavo di tecnologie eccessive tanto da snaturarne l’identità.
Interventi – "Heidegger ha sempre fatto il confronto tra psiche tecnica – ha evidenziato Scienza – sostenendo che quest’ultima, alla fine, ucciderà l’uomo. Lo stesso vale anche nel vino. Si deve fuggire dal pensiero unico, tipico delle guide, perché questo omologa il vino stesso, facendogli perdere
l’identità". Gli fa eco Antonio Paolini: "il modo più sbagliato per sedurre, tanto per le persone quanto per il vino, è quello di darsi uno stile alieno, perché i risultati sono ridicoli e spesso grotteschi. Cambiare stile “in corsa” poi non funziona. E’ necessario cercare la coerenza". "Il vino – ha aggiunto Nicola Frasson – deve essere aderente alle caratteristiche stilistiche di quel vitigno. Eppure per un periodo molti produttori hanno scimmiottato stili diversi, esaltati da giornalisti e da enotecari. C’è poi da considerare il fattore stagione e l’aderenza alle caratteristiche climatiche di ogni annata".
Consorzio – Un’iniziativa, quella firmata dal Consorzio del Soave, nata sulla scia di una profonda riflessione, e resa possibile dai numeri di una denominazione che negli anni si è rafforzata e
consolidata. Una definita specificità produttiva, una coerenza espressiva, una costanza dei volumi
commercializzati, sono i fattori fondamentali che, insieme alla flessibilità, alla lungimiranza
organizzativa e alla attenta gestione delle produzioni, hanno consentito al "fenomeno" di
diventare “sistema”. "Questo “Sistema” – sottolinea Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave – riesce a distribuire reddito e sicurezza alle imprese impegnate nella filiera (uva, vino, bottiglie ) anche
nei momenti più complicati dal punto di vista commerciale. Pur caratterizzato da aziende agricole piccole e polverizzate sul territorio, esso ha saputo con l’aggregazione e l’innovazione rimanere competitivo.
Riflessioni sul Sistema
La costanza produttiva – Il Soave è il primo vino italiano ad essere riconosciuto come “vino Tipico” nel 1931 e ne viene delimitata la zona di origine. Il “fenomeno” Soave cresce fino al riconoscimento ufficiale del 1968, anno che fotografa un vigneto già allora di oltre 6000 ettari per una produzione a DOC vicina ai 450.000 ettolitri. Questo “fenomeno” si consolida negli anni seguenti fino a raggiungere oggi i 6900 ettari vitati iscritti alla DOC per una produzione nel 2012 di 512.000ettolitri.
2003 – 2013 dieci anni importanti – Recentissime rilevazioni statistiche, insieme ai dati ufficiali della Regione Veneto, confermano questa come l’area a più forte intensità viticola in Italia. Il comune di Monteforte ha oltre il 95% della superficie agricola investita a vigneto specializzato. Seguono Soave, Colognola, Montecchia e Roncà con percentuali che superano l’80%.
Cresce la superficie iscritta alla denominazione e aumenta la superficie media aziendale. Crescono le aziende che conferiscono le uve alle cantine sociali, si stabilizzano i vinificatori in proprio e calano sensibilmente i conferenti alle imprese di trasformazione. La Garganega si conferma la regina del Soave, sfiorando il 90% delle superfici investite a vigna, lo Chardonnay in percentuale non raggiunge il 3,5%. Rimangono stabili il Trebbiano di Soave e gli altri vitigni complementari. Gli ultimi 10 anni confermano la crescita media dell’età dei vigneti con quasi il 60% di vigne oltre i 30 anni. Nei nuovi impianti cresce la densità di ceppi per ettaro. La pergola si conferma leader nel sistema di allevamento anche se cala dall’89% al 78% del vigneto Soave. In crescita quindi il guyot, la pergoletta soavese e gli altri sistemi a parete; stabile la doppia cortina (Gdc).
Il valore in vigna – La stagione 2012 si conferma una annata molto interessante anche dal punto di vista
economico per i produttori del Soave. Il reddito medio ad ettaro si avvicina agli 8000 euro in
quanto i prezzi delle uve si confermano in crescita per il terzo anno consecutivo. Merito
sicuramente del mercato ma anche e soprattutto della politica lungimirante di gestione
delle produzioni da parte del Consorzio. Anche in un contesto di crescita dei costi di gestione della vigna il Sistema conserva una buona redditività. A beneficiare di questa situazione, oltre alle tremila aziende agricole, anche un intero tessuto produttivo e sociale, che gode da sempre di questa economia molto diffusa. Si tratta di fatto di un vero sistema integrato che vede coinvolti rivenditori, tecnici, consulenti, meccanici, assicuratori, periti, vivaisti, impiegati e operai specializzati. Accanto a questi è in costante
crescita l’indotto dell’enoturismo.
Il valore in cantina – Se consideriamo il sistema Soave come un’unica grande impresa, la fase di trasformazione dell’uva in vino si conferma un momento altrettanto positivo. Mentre le spese di vinificazione si stabilizzano, crescono, quasi a livelli storici da record, i prezzi del vino sfuso ad ettogrado. Qui la produzione lorda vendibile ad ettaro va dai 9000 euro del Soave DOC ai 12.000 del Soave Classico.
Il valore in bottiglia – Gli ultimi dieci anni confermano una flessione nel numero delle aziende che imbottigliano il Soave ma un consolidamento delle stesse. Cresce l’imbottigliato: il 50% delle bottiglie di Soave viene imbottigliato infatti nella zona di produzione, cresce il confezionamento all’estero, cala l’imbottigliato in provincia di Verona mentre resta stabile al 20% il Soave imbottigliato nel resto d’Italia.
Il numero di bottiglie nel corso del 2012 arriva a quasi 60 milioni, di cui 44 milioni a Soave
DOC e circa 14 milioni di Soave Classico. Si registra una flessione per il Colli Scaligeri e per il
Soave Superiore. Il Recioto di Soave Docg supera le 200.000 bottiglie pur in un contesto di
mercato non certo favorevole ai vini dolci. Il valore complessivo delle bottiglie franco cantina sfiora i 150 milioni di euro ed anche se i costi di imbottigliamento diretti e indiretti sono sensibilmente lievitati i margini per le imprese rimangono di tutto interesse.
Un sistema che cresce – Gli ultimi dieci anni hanno registrato una serie di piccole e grandi rivoluzioni nelle imprese del Soave. Il mondo cooperativo e stato protagonista di fenomeni aggregativi che hanno
ridisegnato il mondo vitivinicolo non solo veronese. Abbiamo oggi imprese cooperative che partendo dal sistema soave hanno coinvolto nei loro progetti di crescita tante altre aziende e tanti altri territori. Allo stesso tempo molte imprese anche piccole, nell’impossibilità di crescere in loco, hanno diversificato investendo in denominazioni limitrofe per completare il loro portafoglio prodotti. Tutti investimenti che
hanno alla base una consolidata struttura economica sviluppata in decenni di lavoro fatto
nel Soave.