L’agricoltura “under 40” naviga in rete, parla inglese e va a scuola di marketing. Tutti presupposti che rendono i giovani imprenditori della terra i più naturalmente proiettati verso i mercati stranieri, tanto che oggi un’azienda “junior” su tre vende prodotti oltreconfine. Messe in condizione di fare impresa, infatti, le nuove leve del settore dimostrano di essere in grado di ampliare i canali di vendita, dribblando la crisi e le difficoltà di un mercato interno fortemente segnato dal crollo della domanda, con i consumi alimentari in calo del 3 per cento circa solo nel primo bimestre dell’anno. Lo afferma l’Agia-Cia, l’associazione nazionale dei giovani imprenditori della Confederazione italiana agricoltori, in occasione della “due giorni” a Siena dedicata all’approfondimento dei servizi di marketing e degli aiuti all’export per le aziende del settore. L’80 per cento delle imprese agricole che opera solo sul territorio nazionale ha i fatturati in calo -sottolinea l’Agia-Cia-. Ed è per questo che, per resistere ai morsi della crisi, le imprese giovani si affacciano sempre più spesso sui mercati esteri, dove l’agroalimentare “made in Italy” continua a collezionare successi con una crescita di quasi il 7 per cento nel 2012 a quota 30 miliardi di euro. Una cifra pari a un quarto del fatturato complessivo del comparto.
Giovani a tutto web – Anche per motivi anagrafici, gli “under 40” hanno una maggiore dimestichezza dei colleghi più anziani sia con le lingue che con il web. In otto casi su dieci -spiega l’Agia-Cia- si connettono quotidianamente a Internet, mentre in 5 casi su dieci usano la rete per promuovere i propri prodotti. In questo modo raggiungono più facilmente i consumatori, ampliando la propria clientela. Ma non solo: soprattutto con i social media, che consentono un rapporto estremamente diretto col pubblico, possono condurre indagini di mercato per comprendere e anticipare i gusti e le esigenze dei compratori, orientando al meglio la propria offerta. Un atteggiamento che sta alla base della maggiore capacità delle aziende “junior” di fare fatturato: secondo recenti indagini del Ceja (Consiglio europeo dei giovani agricoltori), infatti, i giovani agricoltori hanno un potenziale economico superiore del 40 per cento rispetto ai “senior”. Basta dargli più credito, terre da coltivare e agevolazioni allo “start up”.
Nuovi mercati – Usare delle buone strategie di web-marketing -sottolinea l’Agia-Cia- vuol dire aprire le porte dell’impresa a nuove quote di mercato. È per questo che è sempre più indispensabile conoscere al meglio le dinamiche pubblicitarie e di commercializzazione via web per pianificare un approccio all’export che non sia soltanto episodico e orientato alla partecipazione a fiere internazionali, ma che si basi su una strategia a lungo termine, capace di stabilire dei rapporti commerciali mirati, duraturi e redditizi.
Supporto – Ma – conclude l’Agia-Cia – per incrementare l’accesso all’internazionalizzazione delle imprese e per consolidare nella loro attività quelle che già operano fuori dai confini nazionali è indispensabile un’azione di supporto efficace delle istituzioni che si occupano dell’organizzazione e dell’erogazione dei servizi per l’export agricolo. Alla tavola rotonda in svolgimento nella giornata di oggi, hanno preso parte, tra gli altri, il vicepresidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella, il direttore dell’Ice, Roberto Luongo, il presidente dell’Ismea, Arturo Semerari, il presidente nazionale dell’Agia, Luca Brunelli, il vicepresidente vicario della Cia, Secondo Scanavino, e il presidente della Cia Toscana, Giordano Pascucci.