“Signori Presidenti, Onorevoli Colleghi e Senatori,
l’audizione di oggi ha l’obiettivo di illustrare le linee principali della riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) e le azioni strategiche che intendo promuovere per offrire risposte concrete alle necessità della pesca italiana che da anni versa in uno stato di grave crisi socio-economica. La proposta di riforma è stata elaborata, com’è noto, dalla Commissione Europea attraverso una prima fase di consultazioni pubbliche, che si sono concluse due anni fa e che hanno evidenziato la necessità di una revisione delle misure di gestione della pesca, in un’ottica di maggior collegamento anche con gli strumenti della politica di mercato e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).In particolare, l’originaria proposta di regolamento presentata dalla Commissione nel luglio del 2011, è stata oggetto di successivi approfondimenti, dibattiti e modifiche al fine di corrispondere agli esiti delle negoziazioni con gli Stati membri ed alle risultanze dei ‘triloghi’. Finalmente possiamo dire che, alla fine dello scorso mese di maggio, l’accordo è stato raggiunto.
Prima di illustrare i risultati conseguiti a seguito del confronto tra Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea, ritengo opportuno ricordare alcuni punti salienti della proposta originaria della Commissione, che mirava ad innovare un quadro regolamentare ormai decennale e, certamente, non più adeguato ai cambiamenti che hanno interessato il comparto della pesca degli Stati membri.
Tra le proposte della Commissione che destavano maggiori perplessità vi era, da un lato, l’ipotesi di immediata e generalizzata applicazione del principio del “rendimento massimo sostenibile”, che consiste in una gestione degli stock ittici caratterizzata dalla possibilità di cattura di quantitativi tali da non intaccare la capacità naturale di riproduzione delle specie; dall’altro, la proposta di introdurre il divieto di rigetto in mare in modo indifferenziato, senza correlazione con le diverse tipologie di attività di pesca e senza rivalutare le motivazioni per le quali erano state escluse, finora, le catture di dimensione inferiore alla taglia legale minima e le specie per le quali la domanda di mercato è praticamente inesistente.
Nel corso delle negoziazioni, la delegazione italiana, condividendo ed apprezzando gli obiettivi sottesi alla riforma della PCP nel suo complesso, in quanto volti ad una maggiore protezione delle risorse ittiche e dell’ecosistema marino nel lungo termine, ha sempre sottolineato la necessità di contemperarne i principi con l’esigenza di tutelare le imprese e l’occupazione in un settore che per il nostro Paese ha un’innegabile valenza storica, culturale e tradizionale, oltre che un’importanza socio-economica nevralgica.
Pertanto, ho proseguito la via negoziale del Ministro Catania, conseguendo nell’intesa finale, raggiunta il 30 maggio scorso, alcuni decisivi risultati di miglioramento della proposta di riforma della PCP che, rispetto all’ipotesi originaria, è stata resa indubbiamente più adeguata alle realtà particolari della nostra flotta da pesca operativa nel Mar Mediterraneo e cioè in un contesto ambientale e socio-economico totalmente differente rispetto a quello dei mari del Nord o di altre zone marine dove le risorse ittiche e le tecniche di prelievo sono nettamente diverse.
Finalmente posso dire che le richieste italiane in tal senso risultano in larga misura recepite e ci tengo ad illustrare quelle di maggiore rilievo.
In relazione alla gestione della pesca secondo il criterio del “rendimento massimo sostenibile” posso dichiarare che verrà applicato a partire soltanto dal 2015 e che, entro il 2020, dovranno essere acquisite tutte le disponibilità e le risultanze dei necessari dati scientifici per la definizione dei limiti massimi di cattura per ogni stock ittico.
Per quanto riguarda il divieto dei rigetti in mare, abbiamo ottenuto, in fase finale, l’inserimento della previsione di una soglia di tolleranza (che passerà dal 7 al 5 per cento delle catture totali) e la fissazione di un calendario di entrata in vigore del divieto differenziato a seconda delle specie ittiche oggetto di cattura.
Tale divieto si applicherà, inoltre, soltanto alle specie per le quali è stabilita una taglia minima di cattura dal regolamento del Consiglio sulle misure tecniche per la pesca nel Mar Mediterraneo: anche questa è una richiesta per la quale l’Italia si è battuta fino a vederla accolta nell’accordo.
Un altro risultato importante riguarda l’arresto temporaneo delle attività di pesca che è stato inserito nella lista delle misure tecniche ritenute valide per un’adeguata protezione delle risorse ittiche.
Questo è un riconoscimento che voglio sottolineare perché è stato da sempre indicato come necessario da parte di tutte le associazioni professionali quale strumento idoneo alla tutela del nostro mare e ci consente di confermare la misura del fermo temporaneo della pesca, contando su circa 8 milioni di euro all’anno di cofinanziamento comunitario, per compensare il reddito degli armatori di 2.500 imbarcazioni italiane che esercitano la pesca a strascico. Con questi adeguamenti chiesti ed ottenuti, posso dire che siamo giunti ad una buona riforma della Politica Comune della Pesca che si prevede possa entrare in vigore già dal prossimo gennaio.
In tale quadro, è stato ritenuto opportuno che nella nuova PCP fosse mantenuto anche il riconoscimento della necessità di rilancio delle attività di acquacoltura, principalmente con l’obiettivo di svilupparne la competitività, promuovendo le produzioni di qualità che possono favorire il rafforzamento delle posizioni di mercato, soprattutto rispetto ai Paesi extraeuropei che, per quanto riguarda le pratiche d’allevamento, hanno standard di salubrità e tutela del consumatore oggettivamente inferiori a quelli comunitari e nazionali.
I risultati raggiunti nell’intesa finale, che ho sintetizzato anche in considerazione dei tempi previsti per questa audizione, non erano assolutamente scontati, ma le trattative italiane sono state determinate e costanti fino all’ultimo.
L’eventualità di non vederle accolte è stata sventata e quanto ottenuto è importante soprattutto se pensiamo che la riforma della PCP arriva nel contesto di grave recessione socio-economica che investe tutti i settori produttivi nazionali, ma che nello specifico settore della pesca ha anche innegabili precedenti fattori di crisi che perdurano con conseguenze implosive molto difficili da risanare.
Sono pienamente consapevole di dovermi perciò far carico di questa situazione problematica che si trascina e che impone ora un impegno diretto e indifferibile. E’ mia intenzione, quindi, avviare e seguire nei prossimi mesi il complesso lavoro che dovrà essere svolto per mettere in atto una strategia efficace di applicazione della nuova PCP alla realtà italiana e, a tal fine, chiederò la più stretta collaborazione da parte del mondo scientifico e delle organizzazioni di categoria.
Ci tengo a sottolineare che, nell’obiettivo di dare ossigeno al settore della pesca, la chiusura dell’accordo sulla riforma della PCP non esaurisce il mio impegno a livello comunitario. Ritengo che molte altre regole e strumenti giuridici europei debbono essere riformati. Ho intenzione, infatti, di proseguire il dialogo con la Commissione europea e con gli altri Paesi membri coinvolti, per aprire una seria ed attenta riflessione sui contenuti dello specifico Regolamento per la pesca nel Mediterraneo che è in vigore dal 2006 e che è tempo di cambiare in più parti. Gli operatori della pesca e le loro rappresentanze hanno, infatti, insistentemente segnalato che si tratta di un regolamento comunitario oggettivamente troppo complesso e, per taluni aspetti, eccessivamente penalizzante per i pescatori.
Tenendo conto delle fasi preparatorie e dei tempi necessari al sistema decisionale europeo, mi muoverò immediatamente sull’argomento affinché le risultanze del confronto possano essere poi formalmente discusse nel semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, che si aprirà il 1° luglio dell’anno prossimo.
Voglio ora ricordare che, in ambito comunitario, è stata anche varata la riforma dell’Organizzazione comune di mercato per i prodotti della pesca.
L’obiettivo qualificante è quello di migliorare il rapporto delle imprese di pesca con il mercato, attraverso l’azione delle organizzazioni di produttori, e di valorizzare il prodotto pescato nelle acque comunitarie rispetto alle importazioni.
Dobbiamo, infatti, tener presente che più del 60% dei consumi ittici dell’Unione Europea sono coperti dalle importazioni provenienti da Paesi terzi e, pertanto, ritengo di rilevanza strategica l’adozione di iniziative volte a garantire ai consumatori una corretta informazione sui prodotti ittici.
La riforma dell’Organizzazione comune di mercato ci consentirà di far sì che trasparenza, tracciabilità e qualità dei prodotti non siano soltanto dei proclami, ma diventino strumenti di controllo e, soprattutto, di promozione della produzione ittica italiana.
Per quanto riguarda la proposta di regolamento per il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), rilevo che la proposta di regolamento, presentata dalla Commissione Europea nel dicembre del 2011, introduce nuove possibilità e misure a beneficio del settore come l’aumento del tasso di finanziamento in favore della piccola pesca, la salvaguardia dell’occupazione, l’avviamento delle imprese, la formazione professionale, l’eco-innovazione, la cooperazione tra pescatori e ricercatori e la promozione dell’acquacoltura.
Senza dubbio, il punto più dibattuto tra i Ministri, e su cui la trattativa ha rischiato un clamoroso fallimento, è stato quello riguardante gli aiuti pubblici per le flotte.
La proposta originaria prevedeva, infatti, la soppressione, a partire già dal 1° gennaio 2014, degli incentivi per la sostituzione dei motori e per l’arresto definitivo (in pratica la demolizione delle imbarcazioni che assicura un ricambio di unità nella flotta e consente di controllare lo sforzo di pesca), ma anche l’eliminazione delle compensazioni per il fermo temporaneo delle attività di pesca.
La posizione della Commissione ha trovato un forte sostegno da parte di un gruppo di Stati membri, con la Germania in prima fila, al quale si sono contrapposti il nostro Paese, la Francia e la Spagna.
Alla fine, si è imposta la proposta di mediazione avanzata dalla delegazione italiana per un “phasing out” degli aiuti per le demolizioni, che sono stati confermati sino al 2017 in termini di impegni di spesa, con la possibilità di effettuare i pagamenti sino al 2019 e, quindi, facendo slittare in avanti nel tempo la soppressione di questi incentivi.
L’Italia ha ottenuto l’estensione sino al 2020 degli incentivi comunitari per il fermo biologico annuale, regolati nel quadro dei piani di gestioni nazionali già in vigore per il Mar Mediterraneo e riconfermati, come ho già detto, nella lista delle misure riconosciute valide dalla nuova PCP al fine della tutela delle risorse ittiche.
Il Consiglio ha anche deciso che l’ammontare degli aiuti per la flotta, compresi quelli destinati alla sostituzione dei motori, non potrà superare una soglia pari al 15% dell’intera dotazione del FEAMP che sarà assegnata agli Stati membri. Il testo dell’intesa raggiunta tra i Ministri prevede alcune positive misure specifiche a favore dei pescatori più giovani, dello sviluppo delle comunità costiere e del rilancio dell’acquacoltura cui ho già accennato.
Per i giovani pescatori è stato previsto un contributo sino ad un massimo di 50 mila euro per l’acquisto di imbarcazioni.
La strada che resta da fare verso la definitiva approvazione del FEAMP è ancora lunga. Infatti, solo nel prossimo mese di luglio la Commissione pesca del Parlamento europeo licenzierà il progetto di risoluzione legislativa, che verrà sottoposto al voto dell’Assemblea plenaria in autunno.
Comunque, nel corso del semestre della Lituania alla presidenza dell’Unione europea, che avrà inizio il 1° luglio prossimo, il Consiglio agricoltura e pesca dell’Unione ritornerà necessariamente a discutere sulla proposta di regolamento relativa al FEAMP.
In particolare, dovranno essere affrontate le questioni finanziarie.
Nell’occasione, sarà determinata in via definitiva la dotazione finanziaria finale del FEAMP per l’intero periodo di programmazione 2014-2020, sulla base dell’intesa raggiunta dai Capi di Stato e di Governo in ordine al prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione Europea. Di conseguenza, il Consiglio dovrà decidere sui criteri di ripartizione delle risorse tra gli Stati membri.
La delegazione italiana ha già fatto presente che non potranno essere accettate decurtazioni rispetto alla chiave di ripartizione del FEP, il Fondo europeo per la pesca in scadenza alla fine di quest’anno. Con il FEP, l’Italia ha ottenuto circa 424 milioni di euro, poco meno del 10% sulla disponibilità globale 2007-2013.
Pertanto, in sintesi conclusiva, sulla proposta di riforma del FEAMP è stato raggiunto un accordo politico di massima e l’impegno istituzionale è ora concentrato sui lavori di stesura del testo che dovrà tradurre l’intesa in documento formale e definitivo. Tuttavia, è evidente che continuerò ad oppormi a qualsiasi tentativo di sacrifici finanziari a carico dell’Italia e mi impegnerò ad ottenere la conferma dell’ammontare delle assegnazioni finanziarie per il settore nazionale fino all’anno 2020, e cioè per tutta la prossima programmazione comunitaria pluriennale.
Risolti gli ultimi nodi a livello europeo, l’impegno a livello nazionale verte su un’applicazione delle riforme comunitarie che esca dal meccanismo degli interventi episodici e si basi sulla predisposizione di strategie organiche e piani gestionali adeguati a promuovere l’attività imprenditoriale italiana, rafforzandone la competitività attraverso l’innovazione e la diversificazione compatibile con gli obiettivi di sostenibilità socio-economica e ambientale.
In questo, così come per l’applicazione della PAC, garantirò un’interfaccia collaborativa continua con tutti i soggetti istituzionali coinvolti sui vari fronti, con gli operatori del settore attraverso le loro rappresentanze e con gli esperti scientifici.
Infine per quanto riguarda la ripartizione delle quote di pesca del tonno rosso, proprio ieri ho firmato un decreto che attribuisce 30 tonnellate di quota alle cosiddette catture accessorie, il cui ammontare era esaurito. In questo modo ho voluto evitare il rischio di sanzioni a carico dei pescatori interessati.”
“Signori Presidenti, Onorevoli Colleghi e Senatori,
l’audizione di oggi ha l’obiettivo di illustrare le linee principali della riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) e le azioni strategiche che intendo promuovere per offrire risposte concrete alle necessità della pesca italiana che da anni versa in uno stato di grave crisi socio-economica. La proposta di riforma è stata elaborata, com’è noto, dalla Commissione Europea attraverso una prima fase di consultazioni pubbliche, che si sono concluse due anni fa e che hanno evidenziato la necessità di una revisione delle misure di gestione della pesca, in un’ottica di maggior collegamento anche con gli strumenti della politica di mercato e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).In particolare, l’originaria proposta di regolamento presentata dalla Commissione nel luglio del 2011, è stata oggetto di successivi approfondimenti, dibattiti e modifiche al fine di corrispondere agli esiti delle negoziazioni con gli Stati membri ed alle risultanze dei ‘triloghi’. Finalmente possiamo dire che, alla fine dello scorso mese di maggio, l’accordo è stato raggiunto.
Prima di illustrare i risultati conseguiti a seguito del confronto tra Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea, ritengo opportuno ricordare alcuni punti salienti della proposta originaria della Commissione, che mirava ad innovare un quadro regolamentare ormai decennale e, certamente, non più adeguato ai cambiamenti che hanno interessato il comparto della pesca degli Stati membri.
Tra le proposte della Commissione che destavano maggiori perplessità vi era, da un lato, l’ipotesi di immediata e generalizzata applicazione del principio del “rendimento massimo sostenibile”, che consiste in una gestione degli stock ittici caratterizzata dalla possibilità di cattura di quantitativi tali da non intaccare la capacità naturale di riproduzione delle specie; dall’altro, la proposta di introdurre il divieto di rigetto in mare in modo indifferenziato, senza correlazione con le diverse tipologie di attività di pesca e senza rivalutare le motivazioni per le quali erano state escluse, finora, le catture di dimensione inferiore alla taglia legale minima e le specie per le quali la domanda di mercato è praticamente inesistente.
Nel corso delle negoziazioni, la delegazione italiana, condividendo ed apprezzando gli obiettivi sottesi alla riforma della PCP nel suo complesso, in quanto volti ad una maggiore protezione delle risorse ittiche e dell’ecosistema marino nel lungo termine, ha sempre sottolineato la necessità di contemperarne i principi con l’esigenza di tutelare le imprese e l’occupazione in un settore che per il nostro Paese ha un’innegabile valenza storica, culturale e tradizionale, oltre che un’importanza socio-economica nevralgica.
Pertanto, ho proseguito la via negoziale del Ministro Catania, conseguendo nell’intesa finale, raggiunta il 30 maggio scorso, alcuni decisivi risultati di miglioramento della proposta di riforma della PCP che, rispetto all’ipotesi originaria, è stata resa indubbiamente più adeguata alle realtà particolari della nostra flotta da pesca operativa nel Mar Mediterraneo e cioè in un contesto ambientale e socio-economico totalmente differente rispetto a quello dei mari del Nord o di altre zone marine dove le risorse ittiche e le tecniche di prelievo sono nettamente diverse.
Finalmente posso dire che le richieste italiane in tal senso risultano in larga misura recepite e ci tengo ad illustrare quelle di maggiore rilievo.
In relazione alla gestione della pesca secondo il criterio del “rendimento massimo sostenibile” posso dichiarare che verrà applicato a partire soltanto dal 2015 e che, entro il 2020, dovranno essere acquisite tutte le disponibilità e le risultanze dei necessari dati scientifici per la definizione dei limiti massimi di cattura per ogni stock ittico.
Per quanto riguarda il divieto dei rigetti in mare, abbiamo ottenuto, in fase finale, l’inserimento della previsione di una soglia di tolleranza (che passerà dal 7 al 5 per cento delle catture totali) e la fissazione di un calendario di entrata in vigore del divieto differenziato a seconda delle specie ittiche oggetto di cattura.
Tale divieto si applicherà, inoltre, soltanto alle specie per le quali è stabilita una taglia minima di cattura dal regolamento del Consiglio sulle misure tecniche per la pesca nel Mar Mediterraneo: anche questa è una richiesta per la quale l’Italia si è battuta fino a vederla accolta nell’accordo.
Un altro risultato importante riguarda l’arresto temporaneo delle attività di pesca che è stato inserito nella lista delle misure tecniche ritenute valide per un’adeguata protezione delle risorse ittiche.
Questo è un riconoscimento che voglio sottolineare perché è stato da sempre indicato come necessario da parte di tutte le associazioni professionali quale strumento idoneo alla tutela del nostro mare e ci consente di confermare la misura del fermo temporaneo della pesca, contando su circa 8 milioni di euro all’anno di cofinanziamento comunitario, per compensare il reddito degli armatori di 2.500 imbarcazioni italiane che esercitano la pesca a strascico. Con questi adeguamenti chiesti ed ottenuti, posso dire che siamo giunti ad una buona riforma della Politica Comune della Pesca che si prevede possa entrare in vigore già dal prossimo gennaio.
In tale quadro, è stato ritenuto opportuno che nella nuova PCP fosse mantenuto anche il riconoscimento della necessità di rilancio delle attività di acquacoltura, principalmente con l’obiettivo di svilupparne la competitività, promuovendo le produzioni di qualità che possono favorire il rafforzamento delle posizioni di mercato, soprattutto rispetto ai Paesi extraeuropei che, per quanto riguarda le pratiche d’allevamento, hanno standard di salubrità e tutela del consumatore oggettivamente inferiori a quelli comunitari e nazionali.
I risultati raggiunti nell’intesa finale, che ho sintetizzato anche in considerazione dei tempi previsti per questa audizione, non erano assolutamente scontati, ma le trattative italiane sono state determinate e costanti fino all’ultimo.
L’eventualità di non vederle accolte è stata sventata e quanto ottenuto è importante soprattutto se pensiamo che la riforma della PCP arriva nel contesto di grave recessione socio-economica che investe tutti i settori produttivi nazionali, ma che nello specifico settore della pesca ha anche innegabili precedenti fattori di crisi che perdurano con conseguenze implosive molto difficili da risanare.
Sono pienamente consapevole di dovermi perciò far carico di questa situazione problematica che si trascina e che impone ora un impegno diretto e indifferibile. E’ mia intenzione, quindi, avviare e seguire nei prossimi mesi il complesso lavoro che dovrà essere svolto per mettere in atto una strategia efficace di applicazione della nuova PCP alla realtà italiana e, a tal fine, chiederò la più stretta collaborazione da parte del mondo scientifico e delle organizzazioni di categoria.
Ci tengo a sottolineare che, nell’obiettivo di dare ossigeno al settore della pesca, la chiusura dell’accordo sulla riforma della PCP non esaurisce il mio impegno a livello comunitario. Ritengo che molte altre regole e strumenti giuridici europei debbono essere riformati. Ho intenzione, infatti, di proseguire il dialogo con la Commissione europea e con gli altri Paesi membri coinvolti, per aprire una seria ed attenta riflessione sui contenuti dello specifico Regolamento per la pesca nel Mediterraneo che è in vigore dal 2006 e che è tempo di cambiare in più parti. Gli operatori della pesca e le loro rappresentanze hanno, infatti, insistentemente segnalato che si tratta di un regolamento comunitario oggettivamente troppo complesso e, per taluni aspetti, eccessivamente penalizzante per i pescatori.
Tenendo conto delle fasi preparatorie e dei tempi necessari al sistema decisionale europeo, mi muoverò immediatamente sull’argomento affinché le risultanze del confronto possano essere poi formalmente discusse nel semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, che si aprirà il 1° luglio dell’anno prossimo.
Voglio ora ricordare che, in ambito comunitario, è stata anche varata la riforma dell’Organizzazione comune di mercato per i prodotti della pesca.
L’obiettivo qualificante è quello di migliorare il rapporto delle imprese di pesca con il mercato, attraverso l’azione delle organizzazioni di produttori, e di valorizzare il prodotto pescato nelle acque comunitarie rispetto alle importazioni.
Dobbiamo, infatti, tener presente che più del 60% dei consumi ittici dell’Unione Europea sono coperti dalle importazioni provenienti da Paesi terzi e, pertanto, ritengo di rilevanza strategica l’adozione di iniziative volte a garantire ai consumatori una corretta informazione sui prodotti ittici.
La riforma dell’Organizzazione comune di mercato ci consentirà di far sì che trasparenza, tracciabilità e qualità dei prodotti non siano soltanto dei proclami, ma diventino strumenti di controllo e, soprattutto, di promozione della produzione ittica italiana.
Per quanto riguarda la proposta di regolamento per il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), rilevo che la proposta di regolamento, presentata dalla Commissione Europea nel dicembre del 2011, introduce nuove possibilità e misure a beneficio del settore come l’aumento del tasso di finanziamento in favore della piccola pesca, la salvaguardia dell’occupazione, l’avviamento delle imprese, la formazione professionale, l’eco-innovazione, la cooperazione tra pescatori e ricercatori e la promozione dell’acquacoltura.
Senza dubbio, il punto più dibattuto tra i Ministri, e su cui la trattativa ha rischiato un clamoroso fallimento, è stato quello riguardante gli aiuti pubblici per le flotte.
La proposta originaria prevedeva, infatti, la soppressione, a partire già dal 1° gennaio 2014, degli incentivi per la sostituzione dei motori e per l’arresto definitivo (in pratica la demolizione delle imbarcazioni che assicura un ricambio di unità nella flotta e consente di controllare lo sforzo di pesca), ma anche l’eliminazione delle compensazioni per il fermo temporaneo delle attività di pesca.
La posizione della Commissione ha trovato un forte sostegno da parte di un gruppo di Stati membri, con la Germania in prima fila, al quale si sono contrapposti il nostro Paese, la Francia e la Spagna.
Alla fine, si è imposta la proposta di mediazione avanzata dalla delegazione italiana per un “phasing out” degli aiuti per le demolizioni, che sono stati confermati sino al 2017 in termini di impegni di spesa, con la possibilità di effettuare i pagamenti sino al 2019 e, quindi, facendo slittare in avanti nel tempo la soppressione di questi incentivi.
L’Italia ha ottenuto l’estensione sino al 2020 degli incentivi comunitari per il fermo biologico annuale, regolati nel quadro dei piani di gestioni nazionali già in vigore per il Mar Mediterraneo e riconfermati, come ho già detto, nella lista delle misure riconosciute valide dalla nuova PCP al fine della tutela delle risorse ittiche.
Il Consiglio ha anche deciso che l’ammontare degli aiuti per la flotta, compresi quelli destinati alla sostituzione dei motori, non potrà superare una soglia pari al 15% dell’intera dotazione del FEAMP che sarà assegnata agli Stati membri. Il testo dell’intesa raggiunta tra i Ministri prevede alcune positive misure specifiche a favore dei pescatori più giovani, dello sviluppo delle comunità costiere e del rilancio dell’acquacoltura cui ho già accennato.
Per i giovani pescatori è stato previsto un contributo sino ad un massimo di 50 mila euro per l’acquisto di imbarcazioni.
La strada che resta da fare verso la definitiva approvazione del FEAMP è ancora lunga. Infatti, solo nel prossimo mese di luglio la Commissione pesca del Parlamento europeo licenzierà il progetto di risoluzione legislativa, che verrà sottoposto al voto dell’Assemblea plenaria in autunno.
Comunque, nel corso del semestre della Lituania alla presidenza dell’Unione europea, che avrà inizio il 1° luglio prossimo, il Consiglio agricoltura e pesca dell’Unione ritornerà necessariamente a discutere sulla proposta di regolamento relativa al FEAMP.
In particolare, dovranno essere affrontate le questioni finanziarie.
Nell’occasione, sarà determinata in via definitiva la dotazione finanziaria finale del FEAMP per l’intero periodo di programmazione 2014-2020, sulla base dell’intesa raggiunta dai Capi di Stato e di Governo in ordine al prossimo quadro finanziario pluriennale dell’Unione Europea. Di conseguenza, il Consiglio dovrà decidere sui criteri di ripartizione delle risorse tra gli Stati membri.
La delegazione italiana ha già fatto presente che non potranno essere accettate decurtazioni rispetto alla chiave di ripartizione del FEP, il Fondo europeo per la pesca in scadenza alla fine di quest’anno. Con il FEP, l’Italia ha ottenuto circa 424 milioni di euro, poco meno del 10% sulla disponibilità globale 2007-2013.
Pertanto, in sintesi conclusiva, sulla proposta di riforma del FEAMP è stato raggiunto un accordo politico di massima e l’impegno istituzionale è ora concentrato sui lavori di stesura del testo che dovrà tradurre l’intesa in documento formale e definitivo. Tuttavia, è evidente che continuerò ad oppormi a qualsiasi tentativo di sacrifici finanziari a carico dell’Italia e mi impegnerò ad ottenere la conferma dell’ammontare delle assegnazioni finanziarie per il settore nazionale fino all’anno 2020, e cioè per tutta la prossima programmazione comunitaria pluriennale.
Risolti gli ultimi nodi a livello europeo, l’impegno a livello nazionale verte su un’applicazione delle riforme comunitarie che esca dal meccanismo degli interventi episodici e si basi sulla predisposizione di strategie organiche e piani gestionali adeguati a promuovere l’attività imprenditoriale italiana, rafforzandone la competitività attraverso l’innovazione e la diversificazione compatibile con gli obiettivi di sostenibilità socio-economica e ambientale.
In questo, così come per l’applicazione della PAC, garantirò un’interfaccia collaborativa continua con tutti i soggetti istituzionali coinvolti sui vari fronti, con gli operatori del settore attraverso le loro rappresentanze e con gli esperti scientifici.
Infine per quanto riguarda la ripartizione delle quote di pesca del tonno rosso, proprio ieri ho firmato un decreto che attribuisce 30 tonnellate di quota alle cosiddette catture accessorie, il cui ammontare era esaurito. In questo modo ho voluto evitare il rischio di sanzioni a carico dei pescatori interessati.”
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