In relazione a notizie diffuse negli ultimi giorni, che affermano la possibilità di porre a coltura, nel nostro Paese, sementi geneticamente modificate senza alcuna forma di autorizzazione, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali precisa che, alla luce e nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 6 settembre 2012 e di quella del 18 maggio 2013, il diritto di coltivare organismi geneticamente modificati deve convivere con il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione ad adeguate misure di coesistenza con l’agricoltura tradizionale o biologica, al fine di evitare ogni possibile commistione di tali produzioni e conseguenti danni economici. Tale principio è stato affermato sia nella sentenza del settembre 2012, sia nella recente sentenza del 2013 che ha più volte sottolineato la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di coesistenza. L’Italia fin dal 2001 con il d.lgs. 212, ha optato per l’adozione di misure di coesistenza fondate su ragioni economiche. Tale scelta, espressa dall’art. 1 del decreto 212, mai posta in discussione dalle citate sentenze, è ancora oggi in vigore. Ciò premesso, nel rispetto del diritto di scelta dei coltivatori di continuare a produrre tradizionalmente o secondo i protocolli biologici ovvero con sementi geneticamente modificate e quello dei consumatori di scegliere liberamente e consapevolmente alimenti prodotti con OGM ovvero senza, la legittimità della messa a dimora di sementi geneticamente modificate continua ad essere subordinata alla verifica che le concrete condizioni di tale coltivazione siano idonee ad evitare la commistione con le altre produzioni. Tale verifica non può che avvenire ad istanza del produttore interessato, previa comunicazione di tutti gli elementi informativi relativi alla localizzazione delle produzioni e alle tecniche di difesa dalla commistione, che si intendono adottare. Solo in seguito alla positiva valutazione, la messa a dimora è legittima e come tale consentita. In ogni caso il Ministero, anche in accordo con le autorità regionali, disporrà tutti i controlli del caso.
Confagricoltura – “Il problema non è essere favorevoli o contrari agli Ogm, il problema è fare chiarezza normativa e dare fiducia alla ricerca scientifica. I tempi della politica e della magistratura non sono quelli delle imprese e dei cittadini”. Lo sottolinea Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, che interviene – nel giorno della manifestazione anti-Ogm a Roma – sulla vicenda delle semine di mais transgenico in Friuli che ha visto schieramenti e opinioni contrapposti sulla procedura di autorizzazione nazionale che l’Italia ha sinora utilizzato per impedire le semine. “Non credo che siano utili le manifestazioni di piazza che alimentano il clima da guerra di religione e non favoriscono un dibattito costruttivo e basato su elementi scientifici. I problemi sono altri, gli alimenti con prodotti Ogm sono già sulle nostre tavole, da anni, ma gli agricoltori italiani non possono coltivarli. I maiscoltori attendono di sapere se potranno essere applicate le norme europee da noi impedite dalla caccia alle streghe e se potranno o meno utilizzare una nuova tecnologia diffusa in tutto il mondo”. Confagricoltura ricorda che la Corte di Giustizia di Lussemburgo si è pronunciata per la seconda volta, ribadendo che le varietà mais MON 810 non possono essere assoggettate a una procedura nazionale di autorizzazione. Il nostro ministero per le Politiche agricole continua a contrapporsi, ribadendo il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione.
“Siamo uno strano Paese – prosegue Guidi -. Dopo due pronunce della Corte di Giustizia non si è ancora deciso in merito ad una semina eseguita tre anni fa che ha anche generato un procedimento penale sul quale la magistratura non si è ancora definitivamente pronunciata. Proprio ieri il Segretario di Stato John Kerry ha annunciato che gli Usa hanno conferito il World Food Prize a tre scienziati, tra cui il genetista belga Marc van Montagu, per l’impegno nel campo della biotecnologia vegetale. Da noi invece gli scienziati hanno le mani legate”. "L’Italia deve decidere – conclude il presidente di Confagricoltura -. O si adottano le misure di coesistenza e si apre la strada alla possibilità di utilizzare sementi Ogm, oppure si invoca la clausola di salvaguardia dimostrando, con dati scientifici riferiti alla nostra realtà (che nessuno però sinora è stato in grado di produrre), gli eventuali rischi per l’uomo o per l’ambiente che inducono a vietare queste coltivazioni. Non c’è alternativa. E sicuramente tra le alternative non c’è la situazione incerta, contraddittoria e parossistica, in cui purtroppo si trovano oggi ad operare gli agricoltori”.
Cia – Gli Ogm sono incompatibili con l’agricoltura italiana, che è fortemente legata alla molteplicità di territori e tradizioni. L’omologazione a cui gli organismi geneticamente modificati conducono mette a rischio gli oltre 5.000 prodotti tipici che rappresentano la spina dorsale dell’enogastronomia italiana. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, nell’ambito della mobilitazione della task force “Liberi da Ogm” in piazza Montecitorio. Tipico vuol dire sano e di qualità: questo vale soprattutto per il nostro Paese che custodisce tra le pieghe del paesaggio rurale un patrimonio di prodotti unici, inimitabili e soprattutto inscindibili dal territorio -spiega la Cia-. Veri e propri “gioielli” del nostro agroalimentare che sono autentiche calamite per il turismo enogastronomico, un comparto che vale 5 miliardi l’anno.
Ecco perché è indispensabile che il governo decida subito di esercitare la clausola di salvaguardia per vietare la messa a coltura di piante biotech. D’altra parte -aggiunge la Cia- anche i consumatori dimostrano di avere le idee molto chiare su questo: in Italia sono otto su dieci a non volere Ogm nel piatto. In particolare, il 55 per cento degli intervistati ritiene gli organismi geneticamente modificati dannosi per la salute, mentre il 76 per cento crede semplicemente che siano meno salutari di quelli “normali”.
Coldiretti – Quasi otto italiani su dieci (76 per cento ) sono contrari all’utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) con un aumento del 14 per cento rispetto allo scorso anno. Lo ha reso noto la Coldiretti nell’ambito della mobilitazione della task force “Liberi da Ogm” in piazza Montecitorio, sulla base di una indagine condotta da Ipr marketing proprio nel giugno 2013. Con il crescere dell’opposizione degli italiani agli Ogm in agricoltura si riducono ad appena il 10 per cento i favorevoli ma – sottolinea la Coldiretti – diminuiscono anche coloro che non hanno una opinione o non rispondono al 14 per cento. Bastano questi dati per spiegare le ragioni della richiesta al Governo di esercitare la clausola di salvaguardia che vieterebbe la messa a coltura di piante biotech, formulata dalla task force a cui partecipa la Coldiretti. Sono già 8 i Paesi europei che – precisa la Coldiretti – hanno adottato la clausola di salvaguardia (Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia, Austria). Un provvedimento che on Italia è già stato sollecitato da tutti i gruppi parlamentari al Senato, con una mozione votata all’unanimità. “La non definitiva risoluzione della vicenda Ogm va avanti ormai da troppo tempo e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, Regioni ed il Parlamento si sono espressi già tantissime volte” ha affermato Stefano Masini coordinatore della Task force “Liberi da Ogm” e responsabile ambiente della Coldiretti. Una situazione che lascia spazio a provocazioni come quella adottata in Friuli, con la semina di mais geneticamente modificato che il Ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo, ha subito chiarito essere illegale. Un intervento a tutela della produzione agricola nazionale e degli interessi dei cittadini italiani che in stragrande maggioranza si oppongono alle coltivazioni geneticamente modificate. Posizione peraltro condivisa anche dal Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, il quale ha dichiarato il suo sostegno a tutte le azioni tese a impedire la semina Ogm. Gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura – sostiene la Coldiretti – non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy. In Europa sono rimasti solo cinque paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 129mila ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie totale di 160 milioni di ettari coltivati in Europa, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati ISAAA. A livello globale il transgenico si afferma tra i paesi in via di sviluppo mentre diminuiscono i paesi industrializzati che si rivolgono a questo tipo di colture. Gli Stati Uniti continuano ad essere leader nella produzione di coltivazioni geneticamente modificate, con 69,5 milioni di ettari. Tra i paesi in via di sviluppo, i 5 leader nel biotech sono la Cina, l’India, il Brasile, l’Argentina ed il Sud Africa, che coltivano il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari).
Confeuro – Purtroppo il dibattito sugli Ogm continua ad essere fuorviante rispetto a quelle che ne dovrebbero essere le reali finalità e si è ormai trasformato – dichiara il presidente nazionale Confeuro, Rocco Tiso – in uno scontro ideologico supportato esclusivamente da ipotesi mai verificate e da paure. Nel nostro paese – continua Tiso – esiste una consistente quantità di prodotti Ogm che, regolarmente importati, finiscono sulle tavole dei cittadini; ed è per queste ragioni che l’oltranzismo maturato in questi mesi contro la ricerca e la sperimentazione diviene incomprensibile e appare a tratti grottesco. La nostra posizione, – conclude Tiso – per quanto scomoda a chi la preferirebbe schierata senza se e senza ma, rimane quella di cercare di comprendere i pregi e i difetti degli Ogm, e questo è possibile solo attraverso la ricerca e la sperimentazione.
On. Maria Antezza (Pd) – L’agricoltura italiana e il made in Italy giocano la propria attrazione sulla sicurezza alimentare. “No Ogm” vuol dire tutela della salute umana, tutela dell’ambiente, tutela della sicurezza del modello economico e sociale del settore agroalimentare italiano. Vuol dire parlare di cosa mangiamo. Il «no OGM» si colloca dentro una prospettiva di un certo tipo di sviluppo, di un certo tipo di competizione commerciale: sviluppo e sicurezza alimentare, sviluppo e sicurezza ambientale. Una posizione, già ampiamente ribadita anche all’unanimità dalle Regioni, è stata espressa dai ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente. Ora tocca al Parlamento ed io auspico che possa esprimere una posizione unanime e condivisa. Non possiamo consentire atti illegittimi e arroganti che possano compromettere la qualità della nostra agricoltura, considerato anche che è l’unico comparto che pare tenere di fronte alla crisi. Lo afferma Maria Antezza, deputata Pd e membro della Commissione Agricoltura della Camera.