Nel 2012 in Italia sono registrati 1.011.078 operai agricoli dipendenti, di cui 135.632 extracomunitari, pari al 13,4 per cento del totale. Un dato che conferma ancora una volta le capacità occupazionali dell’agricoltura nei confronti di diverse categorie di lavoratori (giovani, donne, stranieri) considerate proprio quelle più a rischio in questo momento di crisi. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori a commento del Rapporto 2012 sul mercato del lavoro degli immigrati, curato dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche d’integrazione del ministero del Lavoro e presentato oggi al Cnel, con la partecipazione del ministro Enrico Giovannini. In Italia -ricorda la Cia- hanno un lavoro circa 2 milioni e 334 mila stranieri. Per quanto riguarda l’agricoltura, nel Nord-Est si concentra il 27,6 per cento dei lavoratori extracomunitari (contro il 20 per cento del complesso dei lavoratori agricoli dipendenti), nel Centro il 21,3 per cento (a fronte dell’11,9 per cento del complesso), nel Sud il 22,2 per cento (a fronte del 42,4 per cento del complesso), nel Nord-Ovest il 19,3 per cento (contro il 9 per cento del complesso) e nelle isole il 9,7 per cento (contro il 16,8 per cento del complesso).
Numeri – Andando nel dettaglio, il peso degli stranieri nelle attività manifatturiere -rileva la Cia- diminuisce significativamente, tra il 2011 e il 2012, del 2,9 per cento per i lavoratori di provenienza Ue e dell’1,7 per cento per la componente extracomunitaria. Al contrario, il terziario fa registrare, nell’ultimo anno, un incremento dell’occupazione straniera superiore al 6 per cento. Si assiste, infine, a una crescita degli occupati stranieri in agricoltura, con 11 mila nuovi lavoratori stranieri, di cui poco più di 8 mila sono comunitari (più 21 per cento). Tali dati non cancellano il contesto generale che è tutt’altro che positivo: nel 2012 è aumentata in modo esponenziale anche la disoccupazione dei cittadini stranieri (385 mila unità). Rispetto al 2011 il numero è aumentato del 19,2 per cento per la componente Ue e del 25,4 per cento per quella extra Ue.
Rapporto – Proprio in previsione del fatto che lo stato di crisi presumibilmente porterà ad un diverso rapporto tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri, sovrapponendo l’offerta di manodopera e non più rendendola complementare, la Cia ritiene che sarà sempre più necessario in materia di immigrazione e di politiche migratorie pensare a lungo termine. Bisogna impostare per tempo meccanismi che migliorino l’allocazione dei lavoratori (sia presenti in Italia che provenienti dall’estero) nei posti di lavoro e che permettano di aumentare il capitale umano rendendolo più qualificato, accrescendo così la produttività e quindi la competitività delle imprese.