Non sembra cessare il braccio di ferro in materia di Ogm che riguarda l’Europa e molti stati membri dell’Ue che stanno dicendo no alle coltivazioni geneticamente modificate. Un tira e molla che si sta protraendo da mesi e che ha portato alla multinazionale statunitense Monsanto ad abbandonare il campo delle coltivazioni europee. La Monsanto sembra gettare la spugna, decidendo di continuare ad attendere il via libera della Commissione europea rispetto alla coltivazione di tre Ogm che hanno già ricevuto un parere scientifico positivo dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). L’Europa – e anche l’Italia ormai – hanno fatto fronte comune contro gli le coltivazioni di Ogm sul territorio. «La Monsanto ha fatto quello che riteneva, noi ci occupiamo dell’Italia, un paese famoso per i suoi prodotti tipici di qualità ed eccellenza e non per gli ogm; vogliamo continuare ad essere conosciuti nel mondo in questa maniera», ha commentato il ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo. Accolgono positivamente il lascito della Monsanto anche le associazioni di categoria italiane, quali Cia e Coldiretti.
Europa e gli Ogm – La decisione di Monsanto ha una dimensione decisamente politica – lo ha detto a Bruxelles, Frederic Vincente, portavoce del commissario europeo alla salute Tonio Borg – che dovrebbe spingere i governi europei a uscire dall’impasse e sbloccare la situazione. Basti pensare che, prima della rinuncia di Monsanto, erano già otto le richieste di autorizzazioni a coltivare Ogm che attendevano la decisione della Commissione, avendo tutte ottenuto il parere scientifico positivo dell’Efsa. All’Ansa, il direttore generale per la politica della salute alla Commissione europea, Paola Testori Coggi, ha ricordato che «sul tavolo del Consiglio Ue c’è una proposta di regolamento che permette agli Stati membri di scegliere se vogliono coltivare o meno Ogm sul loro territorio. Le motivazioni per cui gli Stati possono decidere di non coltivarli non riguardano i problemi legati a fattori di rischio – in quanto il rischio è valutato dall’Efsa – ma sono motivazione di politica ambientale, utilizzo del terreno, pianificazioni del tipo di coltivazione (ad esempio la protezione di colture biologiche o tradizionali) e non ultimo l’impatto sociale ed economico. Una soluzione – aggiunge ancora Testori Coggi – che permetterebbe di far uscire da una situazione di illegalità gli Stati membri come la Francia, ma ora anche l’Italia, che hanno introdotto o stanno introducendo clausole di salvaguardia basate sul rischio».