L’agricoltura italiana vira verso il “rosa”. Un’impresa su tre nata negli ultimi dieci anni è gestita da una donna e oggi le aziende femminili sono 497 mila, di cui quasi la metà (235 mila) iscritte alla Camera di Commercio. Aziende vitali, creative ma soprattutto “anticrisi”, contribuendo per 9 miliardi di euro alla formazione del valore aggiunto dell’agricoltura. E’ quanto emerge dall’assemblea nazionale di Donne in Campo, l’associazione femminile della Cia-Confederazione italiana agricoltori, che si è tenuta oggi a Teramo nell’ambito della VII Festa dell’Agricoltura.
Donne in agricoltura – Un talento, quello delle imprenditrici della terra, “che è strettamente legato alla visione multifunzionale dell’agricoltura -sottolinea la presidente di Donne in campo Mara Longhin- ossia sostenibile, basata sulla capacità di produrre cibo coniugata con salute, socialità, sicurezza e salvaguardia di suolo e paesaggio”. Oggi, infatti, ben 4 aziende “rosa” su 5 praticano attività multifunzionali, orientandosi verso il “bio”, le produzioni di nicchia Dop e Igp, il recupero delle colture marginali, la vendita diretta, e poi verso tutte quelle attività più legate al sociale e alla cura della persona. Regine dell’arte dell’accoglienza e custodi delle tradizioni contadine, le agricoltrici moderne aprono le porte delle loro aziende non solo ai turisti, ma alle scolaresche, ai disabili, agli anziani. E lo fanno creando agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agri-nidi e agri-asili. Tutti servizi innovativi che finora hanno permesso alle agricoltrici di “resistere” meglio dei colleghi uomini alla crisi e alle fluttuazioni del mercato. Tanto che negli ultimi dieci anni, in uno scenario di riduzione e di accorpamento del numero di imprese agricole, quelle a conduzione femminile sono diminuite meno di quelle a conduzione maschile (-29,6 per cento contro -38,6 per cento).
Donne portatrici di valori di diversità – “Oggi è tempo di ripristinare un sano equilibrio con l’ambiente, di tutelare la sua biodiversità, di riscoprire tecniche colturali tradizionali, il rapporto tra etica ed estetica, oltre che la qualità e la multifunzionalità -osserva la Longhin-. E le donne sono messaggere da sempre di questa idea di agricoltura, in quanto portatrici dei valori della diversità. Convinte dell’importanza e della ricchezza della pluralità, vogliono farsi promotrici e protagoniste di questo cammino diretto a una nuova valorizzazione del nostro sistema agroalimentare”.
L’impegno in rosa – Un cammino, tra l’altro, che accoglie sempre nuovi “elementi” -evidenzia Donne in campo Cia-. Perché se trovare un impiego in tempo di crisi è difficile, con il tasso di disoccupazione femminile che nel secondo trimestre 2013 ha raggiunto il 12,8 per cento (in aumento da otto trimestri), in agricoltura le opportunità ci sono e crescono di giorno in giorno. Nel settore primario, infatti, la presenza femminile non è forte solo a livello di imprenditrici (con il 30 per cento del totale), ma anche nel lavoro dipendente. Che oggi conta 406 mila addette, ovvero il 40 per cento circa del totale.
La "rivoluzione femminile" parte dal Sud Italia – E proprio al Sud, dove la possibilità di lavorare per le giovani è davvero bassa, con il tasso di disoccupazione che sfiora il 50 per cento, proprio nell’agricoltura le “under 30” possono trovare nuovi sbocchi e occasioni. D’altra parte -ricorda l’associazione- già oggi due donne su tre lavorano nelle campagne meridionali e insieme le lavoratrici della terra in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata rappresentano circa il 70 percento della forza lavoro “rosa” in agricoltura.
Al bando le discriminazioni – Nonostante l’impegno e i successi, però, “le agricoltrici hanno ancora poca visibilità rispetto agli uomini e subiscono forti discriminazioni nell’accesso al credito agricolo –ammette la vicepresidente della Cia nazionale Cinzia Pagni- mentre oggi andrebbe studiato un fondo o un progetto sul microcredito specifico per la categoria, senza dimenticare l’importanza degli incentivi all’imprenditoria ‘rosa’. Le donne -conclude la Pagni- sono una risorsa che ancora non viene adeguatamente valorizzata e che, invece, può rivelarsi uno dei driver vincenti per la ripresa dell’Italia. Un loro maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro, e quindi nelle aziende agricole, può e deve avvenire. Anche perché le donne hanno dimostrato di saper fare impresa. E di saperlo fare anche bene”.
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