La Toscana è forse la regione d’Italia con la più alta vocazione castanicola. Lo dicono i numeri, che offrono una stima di circa 150mila ettari (sia di bosco che di castagneti da frutto) votati alla produzione di castagne e marroni divisi soprattutto tra Mugello, Amiata, Lunigiana e Garfagnana e altri territori collinari. Insomma, si parla di una vera e propria eccellenza regionale che può contare tra 5 riconoscimenti europei tra Dop e Igp: la Castagna del Monte Amiata – nelle sue tre varietà, marrone, bastarda rossa e cecio -, e i Marroni del Mugello e di Caprese Michelangelo (zona di Anghiari, Arezzo). Una tradizione secolare per la Toscana, un prodotto da difendere e valorizzare.
Il mercato – Dando uno sguardo al mercato, poi, si nota come i prezzi medi – in un quadro nazionale – per una quantità considerevole di castagne di circa un chilo si attestino sui due euro. Con una forbice notevolmente allargata tra le diverse tipologie e che va dai 2 euro e mezzo per un chilo di marroni all’1,50 € circa per le varietà meno ricercate. «I motivi di questa differenzazione sono soprattutto dovuti ai ricarichi nelle fasi intermedie cui purtroppo assistiamo nei passaggi che conducono i nostri marroni da produttore al consumatore. Fortuna vuole che le sagre siano veramente un tocca sana per la filiera corta e per il risparmio nelle tasche dell’utenza – spiega Lorenzo Fazzi, presidente del Consorzio Igp della Castagna del Monte Amiata e presidente di Castanea, network europeo della castagna -. Una delle sfide che si prospettano all’orizzonte è quella di una riorganizzazione del sistema commerciale, oggi in mano a pochi che possono fare il buono e il cattivo tempo sui proventi. Un passaggio che va di pari passo con una più funzionale ricollocazione della filiera sul fronte della trasformazione e della successiva commercializzazione dei prodotti che, specie per quello che riguarda la Toscana, presentano caratteristiche di freschezza e di omogeneità che non hanno eguali, né tra i competitors dell’est asiatico ed europeo, né sul fronte nazionale. La castagna rappresenta una tradizione secolare da preservare e conservare nella sua purezza dai trattamenti (se non quelli dovuti al combattere in cinipide) a ferma difesa dei castagneti. E in tal senso – conclude -, credo che il comparto castanicolo rappresenti anche un esempio virtuoso di buona ed efficace collaborazione tra produttori, associazioni di categoria, enti territoriali e sito sanitario regionale».
Le sfide della castagna – «C’è un progetto regionale per la castanicoltura, un Pif (Progetto integrato di filiera) che può contare su due milioni di euro di contributi – dice ancora Fazzi -. L’obiettivo è quello di rafforzare tutto il comparto castanicolo, cercando di vincere le sfide di trasformazione e riduzione dei costi che gli anni 2000 hanno messo di fronte al settore». Il Pif si concluderà nel 2014, ma già ad oggi, sono stati fatti tanti e importanti lavori: dal recupero dei castagneti, a quelli dei mulini ad acqua, cercando di apportare quei contributi che possono arrivare dall’innovazione e delle nuove tecnologie. «La nuova “battaglia”, al giorno d’oggi, è però la sfida del “trasformato” – aggiunge Fazzi -. Il mercato ci chiede sempre più birre, farine, confetture, polente, biscotti che tradizionalmente venivano fatte in maniera artigianale. Oggi tutta questa grande realtà va consolidata e rafforzata. Incentivare la trasformazione della castagna significa renderla più disponibile e allungare la sua stagionalità sul mercato».
In Europa – Sul fronte continentale, il presidente di Castanea si augura che nella nuova Pac 2014-2020 ci possa essere spazio per incentivi alla castanicoltura «Insieme a Cia, Coltidetti e Confagricoltura c’è un monitoraggio costante sui problemi che devono affrontare i produttori, dal cinipide del castagno alle bizzarrie del clima registrate nel 2013 con piogge prolungate a tutto giungo e caldo estivo per tutto settembre. Fattori che, per quanto riguarda la produzione, non permettono di sbilanciarsi su quelle che saranno le rese. Aspettiamo novembre per stilare un bilancio ufficiale anche se tutte queste congetture non sono poi così sfavorevoli come lo erano nel 2012».