Dai 27 euro a quintale delle settimane scorse ai 24 euro degli ultimi giorni. Per un calo dell’11 per cento. Un tracollo per il mercato del grano italiano, un “vero e proprio dramma” per i produttori della Capitanata (dove si produce circa il 10-15% del grano nazionale) che lanciano l’allarme. «A questi prezzi – dice ad agricultura.it l’agronomo Emiddio Ursitti, vicepresidente di Confagricoltura Foggia – non conviene proprio coltivare. A mio avviso tutto questo è scandaloso, si mortifica un territorio che basa buona parte dell’economia sul frumento. Dopo che anche il settore del pomodoro ha subito un tracollo dei prezzi». Intanto il mercato è invaso da importazioni di grano provenienti dal Canada (e in misura minore dall’Est europeo): solo nei giorni scorsi 1.500 autotreni hanno scaricato da una nave al porto di Bari 40mila tonnellate di grano duro.
Speculazioni – Nel frattempo il mercato nazionale è interessato solo da piccole transazioni: «Il nostro timore fondato è che si sia di fronte a un cartello del grano fatto da grossi molini – sottolinea il Ursitti -, si sapeva che il grano sarebbe andato a finire così, noi produttori italiani siamo indifesi di fronte alla globalizzazione, di fronte ai mercati internazionali. Il nostro è un grido di dolore – confessa ad agricultura.it il vicepresidente Confagricoltura di Foggia – non sappiamo più come fare difendere il nostro grano. Non possiamo continuare a farsi massacrare e stare zitti, la nostra proposta è quindi quella di dare uno stop alle contrattazioni e bloccare il listino prezzi della Borsa del grano». I produttori della Capitanata sentono odore di speculazioni: da queste parti la filiera del grano duro è strategica. «Un problema aggiunge è che abbiamo a che fare con i mercati mondiali che hanno regole diverse rispetto a noi – afferma Ursitti –, come per quanto riguarda le normative a livello sanitario che sono stringenti e che aumentano i costi di produzione, a differenza dei nostri competetitori esteri. Sulla piazza internazionale la parte acquirente compra tranquillamente grani di bassa qualità che sfiorano la possibilità di uso alimentare; e c’è mancanza di trasparenza che vanifica i risultati della commissione prezzi. Chi detta legge oggi sono i pastifici – aggiunge Ursitti -, ci troviamo a contrattare con un oligopolio, pur essendo consapevoli che la globalizzazione è questa e che dobbiamo farci i conti. Ma questa è globalizzazione selvaggia: mentre gli industriali fanno il loro gioco, il grano nazionale resta nei magazzini e si compra quello estero. Ci vogliono norme ancor di più tese a tutelare il made in Italy. Se al nostro territorio togliamo anche il grano – conclude -, allora si fa dura veramente». A breve ci sarà un incontro alla Commissione agricoltura della Camera che vedrà la partecipazione di tutte le organizzioni di categoria con l’obiettivo di trovare soluzioni al problema. Prima che, come temono i produttori della Capitanata “non sia troppo tardi”.
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