Mense scolastiche e consumi: cresce il bio e cambiano le abitudini

Nomisma ha realizzato per Pentapolis un’indagine dedicata alla ristorazione sostenibile nelle scuole presentata all’interno del convegno mens(a)sana. Silvia Zucconi (Coordinatore Area Agricoltura e industria alimentare NOMISMA)  evidenzia come: “L’alimentazione rappresenta il cardine attivo non solo per la salute dell’uomo, ma anche per la salute del pianeta. Il 20-30% degli impatti ambientali sul Pianeta è riconducibile al settore food&beverage. Per il contributo alla sostenibilità la ristorazione scolastica ha un ruolo determinante. In Italia la scuola rappresenta il luogo dove ogni giorno sono distribuiti 2,4 milioni di pasti. Il 38% delle amministrazioni attiva procedure di rilevazione degli avanzi, ma le eccedenze della ristorazione collettiva riguardano ancora il 10% dei pasti serviti e oltre l’85% è sprecato.
Per Nomisma (elaborazione dati iPOPY e Biobank) il 74% richiede alla ditta appaltatrice di effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti, i menù scolastici propongono prodotti biologici (81%), a denominazione di origine protetta (67%), tipici del territorio (40%) e equo solidali (33%), il 69% delle mense scolastiche usa l’acqua del rubinetto. Cresce l’importanza  riconosciuta al biologico e con essa il numero delle mense scolastiche Bio, mense dove almeno il 70% degli ingredienti è proveniente da agricoltura biologica. In Italia oggi si contano 1.196 mense scolastiche Bio (dato biobank – +51% del 2008) localizzate soprattutto nelle regioni settentrionali del paese (70% del totale delle mense). I pasti distribuiti sono 1,2 milioni. La scuola diventa quindi il contesto più idoneo dove attivare azioni concrete per la sostenibilità. Favorire menù che rispecchiamo la dieta mediterranea nelle scuole significa contribuire anche attivamente alla salute dell’ambiente. Anche gli economisti possono dare un contributo attivo nella formulazione dei menù scolastici includendo cibi che diminuiscano l’impronta ecologica”. – conclude Zucconi.

Consumi domestici – E sempre all’interno del convegno mens(a)sana, è stata presentata l’indagine sulle famiglie italiane che traccia l’evoluzione dei comportamenti d’acquisto negli ultimi 2-3 anni.
Silvia Zucconi (Coordinatore Area Agricoltura e industria alimentare NOMISMA) evidenzia come “Le famiglie italiane stanno vivendo la più grande e profonda crisi economica dal dopoguerra. Questo comporta inevitabilmente effetti drammatici sui consumi. Le famiglie hanno adeguato il proprio tenore di vita  al reddito con ripercussioni pesanti sulle scelte di consumo e sugli stili di vita che diventano ora espressione della soddisfazione dei bisogni concreti. Si prospetta così un nuovo modello di consumo che prevede il taglio degli sprechi, la rinuncia al superfluo. Le famiglie inseguono  il risparmio con strategie mirate: l’80% delle famiglie ha infatti modificato nell’ultimo anno le abitudini di acquisto.
Nel primo semestre 2013 le vendite alimentari calano dell’1,8%. La ricerca dei  prodotti alimentari scontati è uno dei principali driver delle scelte delle famiglie (nel 2013 la quota degli acquisti di promozione è pari al 28%, rispetto al 18% del 2012). L’indagine Nomisma per Pentapolis sulle famiglie indica che per i prodotti alimentari molti italiani hanno ridotto – rispetto a 2-3 anni fa -anche le quantità acquistate.  I dati Istat e Nielsen confermano che gli italiani comprano esclusivamente lo stretto necessario (68,7% delle famiglie), acquistano poco alla volta e vanno più spesso a fare la spesa (50,7%), comprano meno cose in generale (41,5%). Altro dato rilevante è la fortissima attenzione al prezzo: le famiglie acquistano solo prodotti alimentari in promozione (43,3% ), prima di recarsi in un punto vendita verificano i volantini degli sconti e poi fanno la spesa in tanti punti vendita diversi per comprare solo le offerte (34,8%), comprano marche che costano meno (31,3%) , vanno al discount (22%). Nell’esercizio di recuperare potere di acquisto le famiglie mettono in campo anche comportamenti più sostenibili: sprecano di meno e buttano via meno cibo nella spazzatura (61,5%), realizzano in casa cose che prima si compravano al supermercato come ad esempio pane, torte, pizza, marmellata (30,6%), comprano direttamente dal produttore preferendo la filiera corta (7,6%). Aumenta quindi la sensibilità rispetto ai consumi verdi: riduzione dei prodotti monouso (58%), scelta di prodotti alimentari locali (62%).” – conclude Silvia Zucconi Nomisma.

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