Si, famolo nostrano questo cenone di San Silvestro. Parafrasiamo il famoso ‘O famo strano?’ dal Viaggi di Nozze di Carlo Verdone e Claudia Gerini – per sottolineare ancora una volta che utilizzare prodotti agroalimentare totalmente nostrani porti una serie di oggettivi vantaggi. A tutti noi, produttori e consumatori. In primis per il reddito della nostra agricoltura, per gli imprenditori agricoli italiani che sono la spina dorsale del paese. Il rilancio dell’economia, tutta, può ripartire dal rilancio del settore che piaccia o non piaccia, è e sarà ancora, primario. Le nostre aziende agricole producono eccellenze in tutto il territorio nazionale, sono le sentinelle ambientali e paesaggistiche, sono alle prese con problematiche quotidiane di mercato, burocrazia asfissiante, aumenti continui dei costi di produzione. Ma, nonostante tutto, sono ancora al loro posto. Reddito agli agricoltori vuol dire presenza sul territorio rurale e quindi sicurezza di quei territori e non solo. Diversamente, con l’abbandono, solo disastri ambientali, sotto gli occhi di tutti, senza dare colpe al clima che sta cambiando.
Oltre la crisi – E’ vero in dieci anni, molte (troppe) imprese agricole sono scomparse, ma negli ultimi anni (2008-2013, fanno 6 lunghi anni!!!) quelli della crisi, della grande recessione, l’agricoltura ha comunque retto, rispetto ad altri settori come l’industria. Certo, aprire un’azienda agricola e chiuderla non è immediato, come fare lo stesso per un’impresa che produce maglioni. Oggi il prodotto non va più sul mercato, e si converte. L’agricoltura no, l’agricoltura ha i suoi tempi, e un’azienda cerca di resistere magari ricavando parte del reddito da una coltura o produzione diversa, sopravvive ma va avanti. Così oggi le imprese agricole – minori come numero – sono comunque più solide e strutturate.
Un cenone 100% nostrano – Le produzioni di altissima qualità (oltre ad aree produttive dove ce la caviamo anche in termini di quantità) le abbiamo come nessuno, l’Italia può vantare un paniere di Dop e Igp senza uguali. Ma denominazioni a parte, è la filiera corta il vero punto di forza della nostra agricoltura. Sapere che in tal posto si produce quel prodotto che è espressione di quel territorio e basta. Filiera corta, non km zero che tranne in alcuni casi – per lo più legati a produzioni hobbistiche – non esiste. Menù di carne? Cotechino e zampone (che saranno nelle tavole di 3 italiani su 4, ci ricorda la Coldiretti)? Qualunque sia il tipo di cenone, farlo con prodotti del nostro territorio non è così complicato. Basta informarsi un poco, costruirsi una minima cultura alimentare per fare un bel regalo anche alla nostra salute, oltre che al nostro palato. Ed anche il portafoglio ci guadagna perché in molti casi, saper cercare le tipicità e acquistare nei luoghi giusti ci fa risparmiare un bel po’ in termini economici ed anche di sprechi di cibo. Avete mai fatto caso che quando acquistiamo “cibo di quantità” siamo meno attenti alla sua conservazione e quindi allo spreco, rispetto a quando scegliamo la qualità? Si perché il prodotto cosiddetto di nicchia anche se può costare qualcosa in più, non va sprecato e si acquista nella giusta quantità. Lo stesso vale se stasera portiamo in tavola piatti di pesce: il pescato dei nostri mari o le produzioni ittiche degli allevamenti nostrani offrono la possibilità di avere una certezza dell’origine, e spesso, della sicurezza alimentare di ciò che mangiamo. Per non parlare dei vini e degli olii. Se per il vino ormai un minimo di cultura ce l’abbiamo tutti, per gli olii la strada da fare è ancora molta e….scivolosa. In molti casi l’olio è l’olio, uno vale l’altro. In una zona collinare come la Toscana una soglia di prezzo che consente reddito a chi produce extravergine di oliva è di circa 7 euro al litro, spesso coltivare un oliveto per un anno fino alla raccolta e alla vendita neanche conviene. Di contro posssiamo trovare oli (?) a 14 euro per 5 litri. Insomma, qualcosa non torna. Una maggiore cultura dell’olio servirebbe ad aumentare la consapevolezza di ciò che consumiamo ed un giorno arriveremo anche a capire che fra un olio extravergine di oliva ed un olio qualsiasi c’è una bella differenza soprattutto in termini di (nostra) salute. Oltre a poter abbinare un olio per la carne e uno per il pesce, quantomeno. Ma ci arriveremo. Il vino questo percorso l’ha già fatto. Intanto stasera si stima (fonte Cia) che delle 76milioni di bottiglie di spumante che stapperemo solo il 5% sarà champagne francese. In totale il 58% dello spumante sarà dolce e il 37 sarà secco. Ma comunque Made in Italy. Bollicine tricolori insomma.
Addio 2013 benvenuto 2014 – Secondo il Centro Studi di Confagricoltura il “Il 2013 è stato, per l’agricoltura, un anno da dimenticare; per le imprese agricole italiane, gli effetti perduranti della crisi ed il susseguirsi delle calamità naturali hanno fatto perdere reddito ed occupazione. Però nell’export agroalimentare si registrano elementi di positività”. L’auspicio di Agricultura.it, come in molti del mondo agricolo italiano hanno già ricordato, è che il 2014 segni davvero l’anno della svolta per l’intera economia, che possano ripartire i consumi e con questi anche quelli che riguardano l’agroalimentare. Magari con politiche adeguate a sostegno del settore. Ripartiamo dalla terra, dal territorio che è la più grande ricchezza che abbiamo. Ad iniziare da stasera. Un cenone tutto ‘fatto in Italia’…in fondo cosa ci manca? BUON 2014 cari lettori!