La Regione Veneto, lette le contestazioni mosse dall’associazione Famiglie dell’Amarone in merito alle modifiche al disciplinare di produzione di Amarone, promuove una consultazione tra l’associazione e il Consorzio per la tutela vini della Valpolicella. È quanto espresso in una lettera inviata pochi giorni fa alle Famiglie dell’Amarone dall’assessorato all’Agricoltura della Regione che, aggiunge, “definirà la data non appena avrà a disposizione le contro memorie del Consorzio”. “La vicenda è quindi tutt’altro che conclusa – ha detto la presidente delle Famiglie dell’Amarone, Marilisa Allegrini – ed esprimiamo la nostra soddisfazione per la decisione della Regione, che ha accolto la nostra richiesta di contraddittorio per approfondire questioni fondamentali per futuro del nostro prodotto più pregiato. Ora – ha aggiunto Allegrini – speriamo che prevalga il buon senso e che si riapra il dialogo tra le parti: ci sono scelte oggettive da fare in primo luogo in termini di zonazione e vanno fatte con tutti gli attori del territorio”.
SECONDO ROUND – Si profila dunque un ‘secondo round’ in merito alle contestate determinazioni del Consorzio della Valpolicella sulle modifiche al disciplinare di produzione di Amarone, Recioto, Valpolicella, Valpolicella Ripasso apportate lo scorso maggio e pubblicate nel Bur del 25 ottobre 2013. Sono numerosi i passaggi chiave impugnati nel ricorso inviato in Regione dall’avvocato delle Famiglie dell’Amarone, Franco Zumerle. Su tutti, la modifica del comma 2 dell’articolo 4 relativa all’ampliamento della zona di produzione anche in terreni di pianura o di fondovalle che – osserva l’associazione – costituisce di fatto un aumento del 30 per cento della superficie idonea per la produzione di Amarone. L’ampliamento – cita l’istanza – “balza agli occhi per la sua anacronisticità e per la sua contrarietà ad una prassi storicamente acquisita sia a livello nazionale che di eccellenza europea”. Una tesi, quella della Famiglie dell’Amarone, le cui aziende registrano un fatturato annuale complessivo di 170mln di euro, confermata anche dalla relazione scientifica del titolare della Cattedra di Viticoltura dell’Università di Verona, Maurizio Boselli. Nel parere del professore, anch’esso presentato in Regione, viene osservato come “le aree di eccellenza vitivinicola in Italia hanno una prerogativa: quella di essere state poste storicamente in zone protette collinari (…)”. E anche in altri disciplinari di grandi vini, quali il Brunello di Montalcino o il Barolo, “allo stesso articolo indicano la giacitura esclusivamente collinare; sono da escludere categoricamente i terreni di fondovalle, umidi, pianeggianti e non sufficientemente soleggiati (…)”. Le Famiglie dell’Amarone contestano inoltre quanto affermato dal Consorzio nella relazione che accompagna la richiesta di modifica al disciplinare: in questo caso il passaggio sul divieto a “produrre nei terreni freschi, situati in pianura o nei fondi valle” sarebbe per il Consorzio “un refuso presente nel disciplinare sin dal 1968”. Un refuso, osservano le Famiglie dell’Amarone, di cui sono evidentemente vittime da quasi cinquant’anni molti altri Consorzi di Dop italiani, ma nessuno se n’è accorto.