Con la crisi e i conti in rosso, gli italiani mettono un po’ da parte la “festa degli innamorati” e si preparano a festeggiare un altro San Valentino di austerity. Domani infatti ci saranno più cene casalinghe che uscite al ristorante e soltanto due coppie su cinque si scambieranno regali. Ma niente di troppo costoso: nelle preferenze degli innamorati ci sono pochi capi d’abbigliamento (15 per cento) e ancora meno gioielli (9 per cento), mentre trionferanno ancora una volta cioccolatini (30 per cento) e soprattutto fiori. Che restano l’omaggio più gettonato nel 46 per cento dei casi. E’ quanto afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori. Secondo le nostre stime, domani verranno acquistati circa 14 milioni di fiori, in particolare rose, che da sole faranno circa l’80 per cento delle vendite floreali complessive -spiega la Cia- ma anche tulipani, orchidee, lilium e mini piante in vaso, che rappresentano l’ultima tendenza dell’acquisto “low-cost”. Perché la fascia di prezzo scelta sarà comunque quella più economica, compresa tra i 3 e i 10 euro, con una spesa al consumo che si attesterà in previsione tra i 65 e i 70 milioni di euro. Per l’acquisto ci si rivolgerà al fioraio sotto casa (66 per cento), mentre il restante 34 per cento comprerà i fiori ai mercati rionali piuttosto che ai banchetti allestiti per l’occasione nelle piazze.
Fiori stranieri – Il vero rischio, però, è che ad essere acquistati saranno fiori “stranieri” in due casi su tre. Questo perché nell’anno molti floricoltori italiani hanno scelto di non produrre nell’anno o di limitare i “tagli” invernali, considerati i rincari energetici per il riscaldamento delle serre -evidenzia la Cia-. Il maltempo, poi, ha creato ulteriori danni al settore, tra produzioni in pieno campo rovinate se non marcite per colpa degli allagamenti e consegne rallentate a causa di frane e smottamenti sulle strade provinciali o secondarie. Di conseguenza, in occasioni come San Valentino, crescono di netto le importazioni “selvagge” da Paesi extracomunitari come Thailandia, Colombia, Etiopia, Ecuador e, per le rose, Kenya. Ma la qualità del “prodotto Italia” va differenziata e valorizzata rispetto al prodotto importato -osserva la Cia- che ha prezzi più bassi sia perché gode dell’esenzione parziale o totale dei dazi, sia perché ha un costo della manodopera minimo, sia perché non è tenuto agli stessi obblighi sanitari (passaporto verde, gassificazione del prodotto) che hanno invece le merci europee quando vengono esportate oltre i confini comunitari.