Occupazione, si inverte la rotta positiva dell’agricoltua: -4,2%

La crisi, con il suo carico di costi aggiuntivi e burocrazia esasperata, sta affondando migliaia di piccole e medie imprese, proprio quelle che in Italia creano il 60 per cento circa dei nuovi posti di lavoro. La conseguenza è un aumento costante della disoccupazione in tutti i settori produttivi. Anche l’agricoltura, dopo aver resistito per tutto il 2012 (+3,6 per cento) e per i primi mesi del 2013, inverte la rotta positiva dell’occupazione nel settore primario e chiude l’anno con un calo del 4,2 per cento. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati Istat diffusi oggi. In realtà sul risultato complessivo del 2013 hanno influito pesantemente anche le “bizze” del clima, con il maltempo che non ha dato tregua alle campagne, in primavera e poi nell’ultima parte dell’anno. In particolare temporali e nubifragi, con gli allagamenti dei terreni, i campi ridotti in fanghiglia e i danni alle attrezzatture -sottolinea la Cia- hanno ostacolato, se non impedito, le grandi campagne di semina autunnali, con una riduzione netta della manodopera agricola, che infatti nell’ultimo trimestre del 2013 è crollata dell’8,4 per cento, con un “boom” negativo al Centro Italia (-24,6 per cento).

La piaga della disoccupazione richiede subito un cambio di marcia – Il governo Renzi deve prendere provvedimenti che, agevolando le Pmi ad esempio dal punto di vista fiscale e contributivo, inneschino nuova occupazione, in primis tra i giovani -osserva la Cia- visto che i 15-24enni senza lavoro sono arrivati a quota 40 per cento nel 2013, con un picco del 51,6 per cento (53,7 per cento per le femmine) nel Mezzogiorno. D’altra parte, proprio al Sud l’agricoltura resta uno sbocco e un’opportunità di lavoro fondamentale, soprattutto per le giovani -aggiunge la Cia-. Vale la pena ricordare che oggi le donne occupate nel settore sono 406 mila, quasi il 40 per cento del totale, e insieme le lavoratrici della terra in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata rappresentano il 70 per cento del totale della forza lavoro “rosa” in agricoltura.  

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