Un’azienda così non l’avevo mai vista. Conoscerla mi ha dato molte suggestioni e sono ammirato e orgoglioso che lei abbia deciso di venire in Toscana. Se permette le manderò un paio di esperti regionali perché possa spiegare loro i metodi che adopera per condurre questa tenuta". E’ un bell’elogio quello che il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha rivolto a Pasquale Forte, patron dell’omonima azienda agricola che con i suoi trenta dipendenti, oltre agli stagionali, rappresenta la più grande azienda di Castiglione d’Orcia. Rossi l’ha visitata a conclusione della quattordicesima tappa del suo "Viaggio in Toscana", dedicata all’Amiata senese e alla Valdorcia.
Azienda modello – Forte, di origini calabresi, diplomato alla scuola radiotecnica, è amministratore delegato della Eldor Corporation, azienda multinazionale che opera nel settore dell’automotive, ovvero dell’elettronica applicata ai veicoli e dispone di quattro gruppi produttivi, a Como, Turchia, Cina e Brasile. Scopre per caso la Valdorcia e inizia nel 1977 con l’acquisto di 24 ettari. La svolta nel 2001 quando ha ormai una tenuta di oltre 250 ettari e realizza la struttura in pietra a secco che, su vari piani per favorire la lavorazione a caduta, ospita dalla zona di selezione delle uve, a quella di fermentazione e trasformazione e le cantine dove riposano i vini. L’eccellenza è stata raggiunta fin dalla prima vendemmia, con l’inserimento del "Guardavigna" tra i primi dieci vini d’Italia. Oggi il prodotto di punta è il "Petrucci", un sangiovese in purezza da 14 gradi e circa 100 euro a bottiglia, la cui intera produzione va letteralmente a ruba. Gli ettari a vigneto sono "soltanto" 20. Il resto è coltivato a bosco o a ulivi, producendo altre prelibatezze come l’olio, il miele e i prodotti derivati dall’allevamento della chianina e della cinta senese. "Poniamo grande attenzione alla qualità – spiega Pasquale Forte, una laurea honoris causa al Politecnico in ingegneria elettronica – cercando di realizzare prodotti di eccellenza attraverso un’azienda che ho voluto biodinamica, in cui pigiamo ancora gli acini con i piedi per trarne vini che durano nel tempo. Lavoriamo i campi come duemila anni fa e in cantina siamo duecento anni avanti". Ed è proprio questo mix tra metodi antichi e visione moderna che ha incantato Enrico Rossi. "E’ l’agricoltura che ha fatto il paesaggio della Toscana – ha detto il presidente dialogando con il titolare – e il paesaggio è il nostro vero punto di forza. Questa visita mi ha rafforzato nella convinzione che occorre lavorare di più sul nostro territorio, puntando sul paesaggio, sulla cultura, sulla formazione del personale, ma che per farlo serve una filosofia capace di intervenire su questo delicato tessuto. Una filosofia come quella che ho visto qui e che sono interessato ad approfondire. La ringrazio per ciò che ha fatto in questi anni e per la sua disponibilità a condividerlo con noi". E’ una scelta che prevede la presenza fissa di due addetti alla manutenzione delle strade bianche, dei fossi e dei muretti a secco, il completo riciclo delle acque, il fotovoltaico sul tetto, l’analisi del prodotto con il metodo della cristallizzazione, capace di individuare caratteristiche, presenze, problemi da trattare con la biodinamica e i suoi trattamenti naturali. Alle viti, curate omeopaticamente, nelle estati troppo calde viene addirittura
somministrata una camomilla, rigorosamente realizzata con acqua piovana. Non stupisce di trovare
in cantina un enorme mosaico raffigurante le nozze di Cana, costato tre anni di lavoro. Né
meraviglia di vedere, proprio sotto chi trasformò l’acqua in vino, i bianchi riccioli di Pasquale Forte,
ritratto mentre suona uno strumento a corda, anche se più che un suonatore appare come il pacato
direttore di una stupenda e moderna orchestra biodinamica.