Pur di fronte a un paese che si impoverisce sempre più, gli italiani provano a guardare avanti, adattando lo stile di consumo alle proprie capacità di reddito; i cittadini della Penisola hanno speso meno per cibi e bevande (componente che rappresenta oltre il 16% della spesa totale) ma hanno messo in campo energie per salvaguardare il proprio benessere a tavola: la Consumer Survey sul Panel Nomisma i cui risultati sono stati pubblicati oggi sulla newsletter dell’Istituto indica che la crisi ha portato le famiglie a realizzare in casa ciò che prima si comprava sempre al supermercato: 6 milioni di famiglie fanno pane, pizza, marmellate e conserve a casa. Non a caso nell’ultimo anno le vendite di farine sono cresciute a valore dell’8%. Tra le esternalità “positive” dell’austerità vi è la riduzione degli sprechi alimentari: il 62% delle famiglie dichiara di buttare via meno cibi nella spazzatura, dato confermato anche dalla riduzione dei rifiuti (in termini pro-capite sono calati del -10% rispetto ai volumi pre-crisi). La Survey Nomisma non fa che confermare altre strategie di economia domestica: il 35% consulta il volantino delle promozioni prima di fare la spesa. Non a caso la quota di venduto a valore in promozione continua a crescere: nel 2014 share è del 30%, nel 2000 la quota si fermava al 18% (fonte Nielsen). Anche le referenze vendute in promozione dalla grande distribuzione ha fatto un balzo significativo: passando nello stesso periodo dal 7% al 13%. Cresce anche lo sconto medio: il taglio prezzi era in media pari al 24,7% oggi è del 28%. Questi indicatori giustificano la riduzione “fisica” del carrello della spesa (“compro meno cose”, 41%) e dello scontrino: alla ricerca di convenienza la Survey Nomisma segnala che il 43% delle famiglie acquista le referenze alimentari quasi esclusivamente in promozione. “L’importanza della leva promozionale è evidente –dichiara Silvia Zucconi coordinatore Area Agroalimentare di Nomisma- anche considerando che le formule utilizzate dalle principali insegne stanno lasciando libertà di scelta delle referenze su cui beneficiare di sconti: la formula “scegli tu il tuo sconto” consente di creare nuovi articoli in promozione oltre a quelli presenti sul volantino”. Ma l’importanza delle promozioni è solo una faccia della medaglia: cresce anche la quota di acquisti di private label (con uno share del 18% sul totale del venduto) e una grande popolarità in moltissimi carrelli della spesa (il tasso di penetrazione degli ultimi 12 mesi – stimato da Nomisma – raggiunge il 79%).
1 ITALIANO SU 3 SCEGLIE I PRODOTTI ALIMENTARI PRIVILEGIANDO L’ORIGINE ITALIANA
Il prezzo non è però l’unico faro che guida gli acquisti, anzi. La spesa alimentare è diventata più selettiva ma non si rinuncia in toto alla qualità. I criteri di scelta per i prodotti alimentari privilegiano la ricerca di prodotti di chiara origine italiana: 1 italiano su 3 sceglie innanzitutto in base a questo fattore. Avere la certezza che si sta acquistando cibo italiano è già sinonimo di qualità; un ulteriore 19% sceglie attivamente la qualità cercando cibi con materie prime ed ingredienti qualificati. La ricerca di convenienza per i prodotti alimentari riguarda un altro terzo delle famiglie: a chi acquista seguendo come criterio più importante la presenza di promozioni è il 18% si associa chi cerca sempre il prezzo basso (10%).
4 MILIONI DI ITALIANI COINVOLTI NELL’AGRICOLTURA AMATORIALE – Per salvaguardare il benessere a tavola si associano comportamenti virtuosi: 4 milioni di italiani sono coinvolti nell’agricoltura amatoriale e coltivano per passione un terreno o un orto. Tendenza determinata soprattutto dalla possibilità di consumare alimenti sani e genuini (come indica il 60,2% dei coltivatori di un orto per passione) oltre che dalla possibilità di rilassarsi eliminando lo stress della vita quotidiana. Tra le altre passioni scoppiate in tempo di crisi c’è sicuramente la cucina: negli ultimi 2-3 anni il 67% delle italiani passa più tempo in cucina, sicuramente stimolata dalla food mania che dilaga su internet, nei blog e in tv. La testimonianza di questa passione per il cibo può essere misurata anche dalla diffusione dei tutorial presenti su internet, dove non solo è possibile trovare ricette ma si impara anche a fare food design. “L’alimentazione è una delle leve fondamentali del “saper vivere”: nonostante i vincoli di bilancio si cerca di mangiare bene.”, evidenzia Zucconi di Nomisma E’ alta l’attenzione per la salvaguardia del benessere a tavola, sensibilità accresciuta anche per il concomitante incremento della prevalenza di problemi di salute connessi con il cibo. La crescita a doppia cifra delle vendite di prodotti senza glutine (+32% nell’ultimo anno – AC Nielsen) e delle bevande vegetali (+29% le bevande vegetali) definisce in modo chiaro come intolleranze ed allergie rappresentino disturbi in grande ascesa.
BIO: VALORE CRESCIUTO IN MENO DI 10 ANNI DEL 220% – Ma la categoria di prodotto che più di altri è una esemplificazione della ricerca di benessere a tavola è il biologico. Mentre l’economia italiana arranca il bio vola. Dal 2005 è cresciuto in modo costante il valore delle vendite in iper e super di prodotti con marchio bio a peso imposto: in nemmeno un decennio il valore del bio è cresciuto del 220%.
Gli ultimi dati disponibili parlano chiaro: le vendite della grande distribuzione nei primi 5 mesi del 2014 segnano un +17% (fonte Ismea). Aumentano soprattutto le seguenti categorie: pasta, riso e sostituti del pane (+73%), “zucchero, caffè, bevande” (+37%), aceti (+23,5%), omogeneizzati (+21%), miele (+19%) ma non smettono di cresciti le categorie di prodotto più tradizionali ortofrutta fresca (+11%), biscotti dolciumi e snack (+15%). Eclatante è il caso del miele: è biologico il 15% del miele venduto nella GDO nel 2013; ottimo lo share anche delle uova bio (il 12% delle vendite della categoria) che pesano per l’8% del paniere bio complessivo. Vi sono poi categorie dove il bio è leader indiscusso: sono prevalentemente biologiche le composte di frutta e le gallette di riso, con quote oltre l’80%.
LA GDO NON E’ IL PRINCIPALE CANALE PER IL BIOLOGICO – La GDO non è però il principale canale per il biologico: dei 2,3 miliardi di vendite interne realizzate nel 2013 copre “solo” il 27% del venduto a valore. I negozi specializzati (1.277 punti vendita in Italia, prevalentemente localizzati al centro -nord) sono il canale che rappresenta il punto di riferimento per il biologico, con vendite che nel 2013 ammontavano a poco più di 1 miliardo di euro (46% del totale). Anche i negozi specializzati in prodotti a marchio bio hanno compiuto un ulteriore balzo in avanti e registrano un netto +12%. Ma non cresce solo il giro d’affari, ad aumentare è anche il numero di famiglie acquirenti: Il tasso di penetrazione, cioè la quota di famiglie che negli ultimi 12 mesi ha acquistato in almeno 1 occasione un prodotto alimentare a marchio bio, sale dal 53% del 2012 al 59%; questo significa che in corso d’anno 6 famiglie italiane su 10 (poco meno di 15 milioni di nuclei familiari) hanno acquistato almeno 1 volta un prodotto biologico. In soli 2 anni 1,7 milioni di nuclei familiari in più hanno acquistato bio in almeno una occasione e oggi il bio incide sul totale della spesa alimentare per circa il 2% mentre solo 10 anni fa la quota era di qualche centesimo di punto percentuale. Il trend positivo è inoltre favorito dall’offerta dei prodotti bio che oggi è completa. Gli assortimenti abbracciano ormai tutte le merceologie di prodotto: gli scaffali della distribuzione specializzata propongono mediamente 3/4.000 referenze bio; la Gdo offre (circa 300-400 referenze per punto vendita, in funzione dell’insegna) proponendo accanto alle grandi marche anche la propria private label bio a prezzi competitivi.
L’ACQUIRENTE BIO HA UN REDDITO MENSILE ELEVATO E ANCHE UN TITOLO DI STUDIO DI LIVELLO. GRANDE RICHIAMO DEL BIO TRA VEGETARIANI, VEGANI, CHI HA INTOLLERANZE – Come si spiega tutto questo successo per il bio? Tanti sono i fattori. La propensione all’acquisto di prodotti a marchio biologico ha connotazioni chiare rispetto a molteplici fattori socio-economici e culturali. E’ più alto nelle famiglie con un reddito mensile familiare elevato (dove la propensione all’acquisto sale al 69%) e dove il responsabile degli acquisti ha un titolo di studio di livello (68%). Non vi sono solo fattori socio-economici ad influenzare la propensione al bio ma anche alcuni stili di vita come l’abitudine all’esercizio fisico (63%) e la pratica abituale della raccolta differenziata dei rifiuti (63%). Ma sono soprattutto gli stili alimentari a rappresentare una forte discriminante: vegetariani o vegani (78%), intolleranze ed allergie (63%) o, in generale, la presenza disturbi che impongono grande attenzione alla dieta (68%) sono fattori che esaltano l’interesse verso il bio. Il successo del bio non si esaurisce nell’identikit del consumatore: la motivazione di acquisto è un’altra determinante che spinge in alto i consumi La volontà di proporre cibi sicuri accresce l’interesse, soprattutto se in famiglia c’è un figlio in età pre-scolare (68%).
Successo – Ma tra i fattori di successo è il riconoscimento del consumatore di attributi aggiuntivi rispetto a quelli convenzionali che garantiscono l’acquisto nonostante il posizionamento di prezzo più elevato. La motivazione iniziale che induce al primo acquisto di un prodotto alimentare a marchio biologico è la curiosità di provare un prodotto diverso (determinante prevalente per il 25% degli acquirenti). Altrettanto decisiva (24%) è stata l’iniziativa, da parte del negozio abituale, di inserire in assortimento prodotti biologici. Presenza di promozioni (15%) e motivi personali, come intolleranze o cambiamenti della propria dieta (15%) sono stati gli altri input significativi. Tra le ragioni più generali che giustificano la scelta di un prodotto alimentare biologico rispetto al convenzionale gioca un ruolo fondamentale la volontà di acquistare prodotti più sicuri per la salute poiché i prodotti bio seguono un metodo di produzione privo di chimica di sintesi e senza il ricorso ai pesticidi. Questa è la motivazione d’acquisto più rilevante per il 70% degli acquirenti italiani. Tra le altre motivazioni, la maggiore qualità (21%) e il rispetto per l’ambiente (9%). Se la motivazione principale di acquisto è la garanzia di maggior sicurezza, la valutazione sui prodotti a marchio bio è comunque molto positiva tanto è vero che il 70% ritiene che i prodotti bio abbiano una qualità più elevata rispetto ai prodotti convenzionali. Il bio è quindi a pieno titolo una delle espressioni del Made in Italy di qualità.
3 TARGET DISTINTI TRA I CONSUMATORI BIO – “Ma chi acquista bio non può essere considerato come un gruppo omogeneo di acquirenti. I quasi 15 milioni di famiglie che acquistano bio vanno segmentate in 3 target distinti.”, ricorda Silvia Zucconi. Innanzitutto vi sono i fedeli al bio, il 27% degli acquirenti totali (4 milioni di famiglie). Questo gruppo è quello degli appassionati dell’agricoltura biologica e dei suoi prodotti i cui acquisti vanno collocati lontani nel tempo (acquistano da oltre 5 anni). La motivazione prevalente degli acquisti bio è collegata alla ricerca di prodotti sicuri per la salute perché privi di pesticidi e chimica di sintesi. I fedeli sono consumatori frequenti (tutti i giorni o quasi) e quando possono acquistano bio anche fuori casa (oltre il 67% del target ha avuto una occasione di consumo away from home rispetto ad un valore medio sulla popolazione italiana del 14,5%). Per la spesa scelgono negozi specializzati perché offrono tutte le categorie di prodotto che cercano: il carrello bio è fatto da referenze appartenenti a più di 10 categorie di prodotto. I fedeli hanno stili di vita sostenibili: fanno sempre raccolta differenziata dei rifiuti e acquistano spesso direttamente dal produttore. Sono per lo più famiglie giovani, tra i 30-40 anni, con figli piccoli in età pre-scolare, dove la quota di vegetariani o vegani è più alta della media (16% a fronte del 7% sulla popolazione).
Nuovi consumatori – Accanto a chi acquista bio da tempo vi sono i consumatori che si sono avvicinati al bio da meno tempo. Due sono i segmenti, attratti dal bio per motivi diversi. Il gruppo più ampio, le new entry, sono stati affascinati dal bio grazie alle promozioni. Sono interessati soprattutto a succhi, miele, uova, marmellate. Il consumo è ancora poco frequente (soprattutto 2/3 volte al mese). Ma l’interesse per tale target è soprattutto legato alla sua consistenza: 8 milioni di famiglie, il cui richiamo delle promozioni potrebbe estendere la sperimentazione a un numero maggiore di categorie, incrementandone quindi la spesa e la frequenza. Sempre tra i novizi del bio (acquistano da 2-3 anni) c’è il target degli etici. Si differenziano in modo profondo dal gruppo delle new entry, sia nella motivazione di acquisto che nei canali di approvvigionamento. Gli etici bio acquistano poiché il sistema produttivo che sta a monte assicura un processo rispettoso dell’ambiente. I comportamenti sostenibili del gruppo si riflettono anche nella scelta del canale: acquistano nei negozi specializzati ma privilegiano anche gli acquisti diretti, direttamente dal produttore, in mercatini o accedendo a gruppi di acquisto solidale. Hanno un paniere di prodotti vario che copre la classe “5-10 categorie” di prodotto con grande interesse per olio di oliva, ortofrutta, pasta, bevande vegetali. Gli etici hanno un profilo preciso: single senza figli, giovani appartenenti alla classe età media 20-30 anni. Quali trend per il bio nei prossimi anni? Anche considerando la segmentazione dei bioconsumatori è evidente come il comparto abbia grandi spazi di crescita. Il barometro Nomisma non individua alcun segnale di inversione di tendenza nemmeno per il 2015: le previsioni di spesa per prodotti alimentari a marchio bio sono segnalate stabili (70% degli attuali acquirenti) o in crescita (19%) con un saldo quindi decisamente positivo rispetto alla restante quota che immagina una lieve diminuzione(solo l’11% degli attuali acquirenti). A prevedere un incremento maggiore è tra l’altro il gruppo dei “fedeli”.
IL 32% DI CHI OGGI NON ACQUISTA SI DICHIARA PROPENSO ALLA SPERIMENTAZIONE BIO – La quota di chi prevede una spesa bio in contrazione sarà inoltre compensata dalla capacità di attrazione di nuovi consumatori: il 32% di chi oggi non acquista si dichiara propenso alla sperimentazione, soprattutto se le marche dei prodotti preferiti inserissero una linea bio e se fossero in assortimento nei negozi abitualmente frequentati.
IN FORTE ESPANSIONE ANCHE AWAY FROM HOME – Tra i fattori di espansione anche l’away from home. L’interesse non si ferma infatti solo al consumo domestico: La possibilità di consumare un pasto sano al di fuori delle mura domestiche è un altro ambito per incentivare la nascita di una nuova offerta mirata per la ristorazione (oggi il 14,5% degli italiani ha avuto negli ultimi 12 mesi almeno una occasione). Se tra i fattori di ottimismo si inserisce il fatto che la filiera biologica italiana gode di ottima salute davvero poche sono le ombre. “Fondamentale però sarà anche l’esito del confronto sul nuovo Regolamento europeo del biologico, che dovrà entrare in vigore nel 2017 e che attualmente presenta un quadro di luci e ombre e che deve introdurre modifiche che lo rendono uno strumento concreto a sostegno della crescita reale del settore. “, sottolinea Silvia Zucconi commentando le conclusioni della ricerca Nomisma. Come altrettanto determinante sarà la capacità di sfruttare l’occasione di EXPO2015 per promuovere il bio Made in Italy nel mondo, che pur oggi è già forte (1,2 miliardi di euro).