Anche il Molise paga a caro prezzo la perdita di raccolta delle olive che, si può pensare, sarà pari al 50% della produzione dell’altro anno. Davvero un “anno nero” per la più importante coltivazione arborea regionale e quella fascia collinare che nell’olivo ha un alleato sicuro. Un alleato, sia per ciò che riguarda la presenza di piccole e medie aziende, impegnate a mantenere viva l’agricoltura e a dare una parte del reddito ai coltivatori, che per la salvaguardia e tutela ambientale e paesaggistica e il mantenimento di attività legate alla trasformazione, promozione e commercializzazione dell’olio. Sono molti gli olivicoltori, piccoli e grandi, che, in mancanza di una produzione minima per organizzare il raccolto, non l’hanno neanche iniziato. Le ragioni di una annata molto scarsa di quantità e, per fortuna, sufficiente per qualità, trova le sue ragioni nelle avversità atmosferiche e andamento climatico con le piogge, l’umidità e, anche, il freddo nel momento della fioritura e nella prima parte dell’estate, seguito poi da un lungo periodo di caldo. Un andamento che ha dato spazio a generazioni ripetute della mosca olearia, con attacchi continui difficili da gestire.
Non sottovalutare – Una situazione non facile quella che si è venuta a creare, che sarebbe un grave errore sottovalutare, proprio perché molto delicata per il futuro del comparto e l’immagine stessa degli oli molisani, con la possibilità di esporli a fenomeni fraudolenti e a speculazioni che non hanno alcun significato se non quello di punire il valore di un prodotto. Una qualità – nella generalità dei casi – buona, anche se non eccelsa, per i mille territori molisani che, da secoli, la sanno esprimere insieme con la tipicità, grazie a una diversità di oli ricca di ben 18 varietà di olive, con la “Gentile di Larino” rappresentativa di un terzo dell’oliveto Molise. Una situazione ancor più delicata e difficile per la mancanza di un piano olivicolo nazionale e regionale e, con esso, di una strategia di marketing capace di mettere a disposizione dei produttori quel valore aggiunto che serve a fare nuovi investimenti, e, dare così continuità e futuro all’olivicoltura italiana e, in particolare, a quella molisana.
Frammentazione – Certo, la frammentazione aziendale e l’individualismo esasperato degli olivicoltori, non sostenuti da unità di azione dei piccoli come dei grandi produttori, completano e aggravano il vuoto di una programmazione che, per l’olivicoltura, è ancor più necessaria di altri comparti. Basti pensare alla difficile e complessa situazione della produzione mondiale di olio e del mercato dello stesso, con la Spagna che, grazie all’acquisizione delle nostre più grandi e più conosciute aziende, sempre più padrona di un mercato che, in fatto di qualità, è sempre stato sotto il controllo dell’olio italiano.
C’è bisogno, parlando del Molise, di una visione strategica chiara e puntuale da parte della Regione e di un maggior coinvolgimento dei produttori e degli operatori del comparto, per sbloccare l’olivicoltura e renderla protagonista di quell’effetto trascinamento che serve a mettere in buona luce anche gli altri prodotti dell’agricoltura regionale. C’è urgente bisogno di una forte unità d’azione e di dialogo tra produttori e trasformatori e tra questi due soggetti e le istituzioni, in primo luogo la Regione. In pratica, c’è la necessità di cogliere questa sfortunata annata e, se si ha la forza di agire prontamente e la voglia e la capacità di pensare al domani, trasformarla in opportunità.