L’agricoltura italiana resta la prima a livello europeo e mantiene il suo ruolo attivo nonostante la crisi finanziaria, grazie alla sua natura anticiclica e grazie all’alta qualità dei prodotti agroalimentari. E’ quanto emerge da uno studio condotto dal Servizio Research di Banca Monte dei Paschi di Siena, presentato durante un incontro organizzato a Rocca Salimbeni dall’Unione Provinciale Agricoltori di Siena e da Ares, Associazione per il Riformismo e la Solidarietà sul tema Insieme in campo per coltivare la ripresa, agricoltura, credito e welfare per tornare a crescere, che ha visto la partecipazione del sottosegretario al Ministero per l’Economia Pier Paolo Baretta.
Cresce l’export dell’11% – La crisi finanziaria ha lasciato un’eredità pesante per l’intera economia italiana con una contrazione del Pil tra il 2008 ed il 2014 dell’8% rispetto al -0,3% dell’Area Euro. In Italia l’agricoltura è stato l’unico comparto che si è mosso in controtendenza, con una dinamica che è risultata più favorevole di quella dei nostri principali competitors (Francia e Spagna). Nel 2014 l’Italia, con i suoi 27 mld euro di valore aggiunto reale (VA) in agricoltura, ha superato la Francia e oggi è il primo Paese europeo per dimensione del settore agricolo. Anche in agricoltura il commercio estero ha svolto in questi anni un ruolo anticiclico, rappresentando il principale motore di crescita e contrastando lo stallo dei consumi interni. Le esportazioni agricole italiane dal 2008 al 2014 sono infatti cresciute del 11%, rispetto all’8% registrato dalle esportazioni complessive. Ma il commercio estero ha ancora un grosso potenziale che non viene sfruttato adeguatamente dalle imprese del settore agricolo. In termini di valore assoluto, le esportazioni del Bel Paese rimangono infatti seste in Europa, superate dai Paesi Bassi, dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna e dal Belgio.
Impieghi vivi cresciuti del 10% – L’incapacità di sfruttare i vantaggi di una maggiore internazionalizzazione può dipendere da vari fattori. Sicuramente per poter raggiungere i lontani mercati esteri non aiuta la dimensione di impresa. Nella struttura produttiva italiana il ruolo della piccola impresa è determinante (i due terzi dell’occupazione è assorbita della micro e piccola impresa). Le imprese con un unico dipendente rappresentano il 60% del numero totale di imprese ed in agricoltura questo fenomeno è ancora più accentuato. Basti pensare che dai dati emersi dall’ultimo censimento Istat (2011), sebbene si sia realizzata una crescita della dimensione media delle imprese agricole del 44,4%, le unità aziendali di tipo individuale o familiare sono ancora il 96% ed il 67% delle aziende non raggiunge ancora la soglia dei 10.000euro l’anno di dimensione economica. Questo però non ha impedito l’accesso al credito. Dal dicembre 2008 al dicembre 2014 gli impieghi vivi al settore agricolo sono cresciuti di quasi il 10%, in totale controtendenza con quello che è successo alla media del settore produttivo italiano che ha registrato un calo di poco inferiore al 20%.
Male l’export in Toscana – L’analisi si estende poi al livello regionale con un approfondimento fatto per le prime 12 regioni italiane per VA agricolo. Gli andamenti non sono univoci e malgrado al livello nazionale la crisi non abbia comportato una contrazione del VA agricolo in termini reali ci sono alcune regioni in controtendenza tra cui Calabria (-13%) e Toscana (-12%). In Toscana, settima regione per dimensione del settore agricolo, la domanda estera non è riuscita a svolgere un ruolo anticiclico e le esportazioni del settore hanno registrato un andamento opposto rispetto alla media nazionale: i beni agricoli venduti all’estero scendono del 13% in valore, al contrario delle esportazioni complessive regionali che registrano un +27%. Sebbene la dinamica del credito all’agricoltura non sia risultata favorevole (-8% il calo degli impieghi vivi tra il 2008 ed il 2014 in Toscana), le condizioni monetarie non sono sufficienti a spiegare il perché di una caduta di VA e di esportazioni così marcata. La flessione del VA reale regionale è stata infatti meno marcata (-6%) di quella del solo comparto agricolo, sebbene il credito al sistema produttivo, esclusa l’agricoltura, abbia registrato un calo ben più marcato (-13%).
Secondo i dati diffusi da Eurostat, la Toscana risulta anche una regione con basso livello di capitale umano. Al 2007, infatti, in Toscana solo il 12% dei capi azienda erano diplomati o laureati, rispetto ad una media Europea che era pari al 35%. Primi in classifica erano il Trentino Alto Adige e l’Emilia Romagna, che risultano anche essere le due regioni italiane con la maggiore crescita del VA agricolo negli anni analizzati. Oltre alla dimensione di impresa, anche la qualità del capitale umano è un altro fattore che incide sul livello di internazionalizzazione. In un mondo globalizzato il solo uso del computer e/o la conoscenza delle lingue potrebbero aprire ad un azienda, per piccola che sia, un mercato potenzialmente grande.