Il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), nato dall’incorporazione dell’INEA da parte del CRA (in cui erano già precedentemente confluiti INRAN ed ENSE), è senz’altro, in Italia, con i suoi circa 2300 addetti, il più importante ente di ricerca dedicato all’agroalimentare. Il suo nuovo assetto, presentato ufficialmente oggi all’Expo – alla presenza del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina – prevede, distribuiti in tutto il territorio nazionale, 12 Centri di ricerca – ciascuno con una o più sedi – (vedi allegato 1) di cui 6 disciplinari (genomica e bioinformatica, agricoltura e ambiente, difesa e certificazione, ingegneria e trasformazioni agroalimentari, alimenti e nutrizione, politiche e bioeconomia) e 6 di filiera (cerealicoltura e colture industriali, colture arboree – cioè alberi da frutta, agrumi e olivo -, viticoltura ed enologia, orticoltura e florovivaismo, zootecnia e acquacoltura, foreste e produzioni del legno).
La riorganizzazione proposta prevede un percorso di concentrazione e razionalizzazione, che consenta di raggiungere i seguenti obiettivi:
– Maggior economicità della gestione e migliore organizzazione, anche di tipo amministrativo;
– Maggior coordinamento delle attività e miglior capacità di controllo e monitoraggio dei risultati, rispetto agli obiettivi strategici e di indirizzo scientifico;
– Innalzamento qualitativo della ricerca, grazie al maggior accesso alle apparecchiature scientifiche e all’accresciuta possibilità di confronto tra ricercatori.
Le 12 strutture di ricerca hanno come punto di riferimento il Comitato Scientifico, che svolge compiti di controllo e indirizzo dell’attività scientifica, predisponendo appositi programmi di ricerca e curandone l’esecuzione, attraverso il monitoraggio e il confronto costante con le strutture di ricerca. Fisicamente l’Ente sarà riorganizzato in 28 sedi e 10 laboratori, rispetto alle oltre 80 di origine, ivi compresa l’Amministrazione centrale di Roma con 19 presidi regionali, che si appoggiano o sulle strutture di ricerca dell’Ente già operative sul territorio o su strutture messe a disposizione da soggetti istituzionali con cui l’Ente collabora. I presidi regionali sono vere e proprie sentinelle sul territorio: intercettano e gestiscono la domanda di ricerca in ambito locale, coordinandosi con l’offerta prodotta dai centri su scala nazionale e potenziano il trasferimento tecnologico “sul campo”. Ciascuna delle sedi dedicate ad attività di ricerca e sperimentazione avrà a disposizione dei campi sperimentali, siano essi terreni agricoli, allevamenti o impianti, organizzati in modo funzionale all’attività del singolo Centro. L’intera struttura è proiettata a favorire le relazioni e l’integrazione delle attività di ricerca con le principali realtà europee e internazionali, con le Università e gli altri Enti di ricerca nazionali, pubblici e privati, con il territorio e le imprese.
Il riassetto organizzativo definisce gli interventi necessari per assicurare il contenimento della spesa e la riduzione del numero delle sedi, rafforzando l’equilibrio economico-finanziario del CREA. La prevista azione di spending review, che deve garantire il conseguimento degli obiettivi finanziari imposti dalla legge di stabilità, ovvero una riduzione della spesa corrente del 10% entro la fine del 2017, può sintetizzarsi nelle seguenti linee di intervento:
– Riduzione dei centri di costo in misura più che proporzionale rispetto alla riduzione delle sedi;
– Riassetto delle aziende, al fine di migliorarne l’efficienza e massimizzarne i ricavi;
– Centralizzazione delle procedure di acquisto e razionalizzazione delle strutture di supporto amministrativo;
– Revisione dei contratti di acquisto di beni e servizi, per adeguarli alle effettive necessità dell’Ente.
Al fine di marcare il segno del cambiamento, viene proposto di preporre al nome per esteso dell’Ente, il marchio CREA, che pur non costituendo un acronimo, incorpora al suo interno l’evocazione dei contenuti dell’Ente e l’ambizione di realizzare un nuovo corso per il sistema dell’Agricoltura. Il passaggio alla nuova strutturazione avverrà con gradualità e flessibilità, tenendo conto delle effettive competenze presenti nei vari centri, della strumentazione a disposizione, dei costi di trasferimento o di adattamento delle strutture, della coerenza con gli obiettivi di razionalizzazione e concentrazione. “Il CREA, così riformato, si presenta più agile e compatto, più sintonizzato sulle esigenze del territorio e dell’impresa, più pronto a cogliere opportunità di finanziamento nazionali ed europee e a valorizzare l’eccellenza scientifica dei suoi ricercatori. – afferma il commissario Salvatore Parlato – Intendiamo essere il sostegno al Made in Italy di fronte alle grandi sfide dell’agroalimentare”.