Una storia millenaria e origini antichissime per il grano in Puglia. Ma anche una produzione che grazie all’innovazione e alla ricerca del Centro di ricerca per la Cerealicoltura del CREA (con sede a Foggia) è proiettata nel futuro, migliorandone qualità e produttività.
E’ intervenuto a Bari in occasione del convegno “Recupero, caratterizzazione, salvaguardia e valorizzazione di leguminose e cereali da granella e foraggio in Puglia” – l’appuntamento finale del progetto SaVeGraINPuglia, realizzato con il Programma Sviluppo Rurale Fears 2007-2013 – Reg. CE 1698/2005 asse II “Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale” Misura 214, Azione 4, sub azione a) “Progetti integrati per la Biodiversità” – Pasquale De Vita, ricercatore del Crea-Cer che ha parlato dei “Grani del tavoliere delle puglie: analisi, storie e personaggi”.
«La tradizione cerealicola della Capitanata – ha spiegato De Vita – ha origini antiche come risulta dal sito archeologico di Arpinova, dal Piano delle fosse granarie di Foggia e di Cerignola e dalla targa celebrativa conservata nella Galleria della Carta Geografica del Vaticano, nel corridoio Belvedere. Nel corso dei secoli questa tradizione si è consolidata tanto da spingere uno dei personaggi più illustri nell’ambito del miglioramento genetico dei cereali, Nazareno Strampelli, a identificare e a sperimentare le sue costituzioni varietali proprio a Foggia, una delle principali aree cerealicole del nostro Paese. Tuttavia, in questo territorio – ha aggiunto -, gran parte delle risorse genetiche vegetali (RGV) accumulate nel corso dei secoli sono andate perse. Questa erosione genetica è stata incoraggiata dalla rapida diffusione di nuove varietà di frumento esponendo questa specie ad una maggiore vulnerabilità ai cambiamenti climatici e alle nuove avversità di tipo biotico ed abiotico».
Nell’ambito del progetto SavegrainPuglia, il CREA-CER ha condotto una ricerca storica per ricostruire il ruolo e l’importanza sociale ed economica dei cereali in provincia di Foggia, ha promosso una serie di attività di prospezione territoriale per l’individuazione ed il recupero delle RGV a cui è seguito un’attività di conservazione ex situ anche attraverso l’allestimento di un campo catalogo e la predisposizione di schede descrittive per ciascuna RGV. «I materiali genetici – ha illustrato De Vita – sono stati caratterizzati dal punto di vista agronomico, genetico e molecolare, sfruttando le moderne tecnologie “omiche” (nel campo della biologia molecolare) ad alta processività, con l’obiettivo di identificare caratteri, composti, geni di interesse agronomico e nutrizionale e di sfruttarli sia direttamente, alimentando filiere produttive dedicate e basate sull’utilizzo dei genotipi identificati, sia indirettamente, attraverso l’impiego di questi stessi materiali genetici per la predisposizione di nuovi programmi di miglioramento della specie. Inoltre, rovesciando la concezione di custodia passiva, il progetto SavegrainPuglia, ha aperto le porte ad un nuovo modo di gestire e valorizzare le colture antiche e obsolete “conservare attraverso l’utilizzazione». L’attività di conservazione in situ, infatti, è stata condotta attraverso il coinvolgimento attivo delle aziende agricole interessate alla salvaguardia ed alla valorizzazione delle risorse genetiche vegetali.