Si chiama “iOlive” ed è la app «che salverà l’extravergine italiano». A dirlo è l’inventore Pietro Barachini. «E’ un’app gratuita per iPad che trasferisce in digitale tutto il processo di degustazione: gli assaggiatori compilano una scheda digitale, i dati vengono raccolti su un server ed elaborati in pochi minuti, con risultati immediati e margini d’errore minimi. Così si rende più trasparente e controllabile il sistema di certificazione della qualità dell’olio. Una volta inviate al server le valutazioni non si possono modificare, questa è una garanzia. Vorrei che tutte le Camere di Commercio italiane e il Ministero delle Politiche Agricole adottassero questo metodo. Non perché è il mio, ma perché può rappresentare la svolta di cui abbiamo bisogno adesso. Rischiamo di perdere la nostra credibilità».
Come hanno lavorato gli assaggiatori prima del metodo iOlive?
«Ancora oggi i panel di assaggiatori del Coi (Consiglio olivicolo internazionale) lavorano in modo tradizionale: otto assaggiatori, divisi in locali separati, assaggiano campioni anonimi e compilano delle schede cartacee segnalando caratteristiche e difetti dell’olio come acidità, gusto rancido o amaro. Un altro addetto, il capo panel, raccoglie le schede e copia a mano i valori in un programma informatico che elabora i dati, calcola i valori medi e stabilisce se l’olio può essere extravergine. I grandi produttori di olio contestano quasi sempre questi dati e questo metodo, per il numero ridotto di assaggiatori e per la possibilità di errori nella trascrizione delle schede. Anche per questo le grandi multinazionali hanno dei panel di assaggio interno, in feroce lotta coi panel ministeriali. L’idea è di sfruttare la scheda digitale e costruire una rete di panel per moltiplicare questi osservatori della qualità, rendere i dati consultabili all’istante ed eliminare il margine di errore nella pratica di trascrizione».
Perché si lotta contro gli assaggiatori?
«Noi assaggiatori veniamo denigrati, quando siamo una garanzia fondamentale per la certificazione dell’extravergine. L’esame chimico non basta. Ci vuole l’esame organolettico. Il nostro naso, il nostro palato e tutta la nostra conoscenza. Trasformando la scheda da cartacea a digitale il margine di errore si riduce del 20%. Ogni assaggiatore valuta e invia al server la propria scheda che non sarà più modificabile una volta inviata. La rivoluzione sta nell’aver inserito nella scheda dei nuovi punti di riferimento nei parametri europei, che prima non esistevano nel protocollo Coi. Il passo successivo è costruire una rete di panel. Se riuscissimo a condividere le nostre valutazioni con iOlive, ogni olio verrebbe assaggiato e valutato tante di quelle volte che sarebbe ridotto a zero il rischio contraffazione o semplicemente l’errore. Se il Ministero istituisse questa rete sarebbe una rivoluzione. Potremmo creare una banca dati nazionale e internazionale dove confrontare le produzioni di olio extravergine d’oliva di tutto il mondo. Potremo mettere a disposizione dei consumatori tutti i dati che emergono dagli assaggi. Potremmo organizzare assaggi in contemporanea in diversi paesi del mondo, i cui dati verrebbero raccolti ed elaborati in tempo reale dal server di iOlive. Col vino siamo riusciti a fare quel salto culturale che manca all’olio. Perché se riusciamo a fare una distinzione tra vino da tavola e vino pregiato non riusciamo a farlo con l’olio? Esistono tanti tipi di olio. L’olio che non è extravergine può essere comunque un olio buono, ma se non ha le caratteristiche giuste non è extravergine. Impariamo a fare queste distinzioni e a saper dare il giusto valore al nostro extravergine e a non storcere in naso quando ce lo fanno pagare venti euro al litro. Un olio extravergine non può costare pochi euro al litro, proprio non può».
Una app che tutela sia il produttore che il consumatore.
«Oggi come oggi, produttore e consumatore devono tutelarsi. Il consumatore ha diritto di sapere esattamente cosa acquista e il produttore ha diritto che tutto il valore del suo extravergine venga esaltato e non confuso con prodotti che non sono all’altezza di questo marchio. Per questo potremmo tracciare tutta la filiera in una fattoria digitale 2.0. Basterebbe dotare ogni pianta di un QR code che ne raccolga tutte le informazioni di produzione e trattamento. Al momento della raccolta ogni singola cassa, dotata anche lei di QR code, testimonierebbe tutti i passaggi che compie l’oliva fino alla spremitura. Dall’uscita dal frantoio fino all’imbottigliamento, ogni passaggio verrebbe documentato e raccolto nel QR code, lo stesso che il consumatore troverà sul tappo anti rabbocco della bottiglia. Tutta la storia di un extravergine a disposizione del consumatore. Tutta la qualità di un olio, senza trucco e senza inganno. Se gli 11mila soci dell’Igp Toscano sposassero questo progetto, l’olio extravergine diventerebbe quello che merita di essere: il manifesto della Toscana nel Mondo».
Il plauso di Coldiretti Toscana – A plaudere all’innovazione tecnologica per la tutela del vero extravergine d’oliva è anche il presidente di Coldiretti Toscana Tullio Marcelli: «iOlive è un progetto innovativo e sperimentale che ha bisogno di essere condiviso, ma per questo ci vuole tempo. Noi lo abbiamo già sposato – dichiara – altrimenti non lo avremmo premiato ad Expo con il Premio Oscar Green Coldiretti 2015. Condivisione non solo da parte degli agricoltori, ma di tutte le Camere di Commercio, le Agenzie delle Dogane e la Regione Toscana. La strada è tracciata, ma va testata. Dobbiamo capire se il sistema iOlive è pari, identico o solo tecnologicamente superiore a quello che già adottiamo. Adottarlo in massa cosa comporterebbe? Tanti benefici sì, però capisco anche che non tutti i produttori sono identici. Chi ha duecento, trecento piante non è interessato a inserire il codice QR sui suoi ulivi. Sarebbe troppo laborioso forse». La soluzione, allora potrebbe essere l’istituzione di una rete di panel. «Barachini ha ragione, costruire una rete di panel sarebbe perfetto aggiunge Marcelli – Il prodotto e i produttori ne guadagnerebbero tantissimo. Quanti più assaggi e valutazioni, tante più garanzie di autenticità. Però qui sorge il dubbio: chi dovrebbe gestire tutta queste rete di tracciabilità e garanzia? In Italia abbiamo già il Nuovo Registro Telematico per l’olio d’oliva del SIAN, il Sistema Informativo Agricolo Nazionale, che traccia tutta la produzione italiana da luglio scorso. iOlive potrebbe unirsi al sistema nazionale per rafforzarlo».
Commento positivo di Ota – Commento positivo arriva anche dagli Olivicoltori Toscani Associati per voce del suo direttore Giampiero Cresti: «Abbiamo parlato di iOlive con Luciano Zoppi, funzionario responsabile del settore olivicolo oleario della Regione Toscana. Entrambi eravamo d’accordo – spiega Cresti – il progetto è molto interessante. Se pensiamo di usare l’applicazione in una rete di panel questo potrebbe essere interessante per i ring test, perchè a tutti i panel vengono sottoposti gli stessi campioni; mentre la rete non è utile per tutte le normali analisi dal momento che dovremmo distribuire il campione da analizzare a tutti i panel della rete (tempi e costi impraticabili). Per quanto riguarda l’adozione del metodo iOlive da parte di tutti panel italiani, la vedo abbastanza difficile, ci voorebbero risorse importanti. Ogni panel non può condividere mille assaggi in rete. Non può farli fisicamente perché al massimo si possono fare tre sedute al giorno, in cui si assaggiano massimo quattro campioni per ogni seduta. Difficile anche economicamente perché spedire per l’Italia cinquanta, cento campioni ha dei costi esorbitanti. Oltre al costo costo dei tablet».