Le conseguenze del divieto di importazione di molti prodotti agroalimentari provenienti da UE, Usa, Canada, Norvegia ed Australia, istituito dal governo della Federazione Russa, con decreto n. 778 del 7 agosto 2014 e rinnovato per un ulteriore anno con decreto n. 625 del 25 giugno 2015 (nuova scadenza 5 agosto 2016), ha avuto effetti pesantissimi, diretti ed indiretti per l’agroalimentare del nostro Paese.
La Russia rappresentava per l’Italia un importante mercato di sbocco per i prodotti agricoli ed agroalimentari. Il valore dell’export agroalimentare (bevande escluse) era più che raddoppiato negli ultimi anni, fino a raggiungere nel 2013 (ultimo anno prima dell’embargo) i 485 milioni di euro.
Il Centro Studi di Confagricoltura stima che nel 2015 (primo anno soggetto interamente all’embargo) il valore risulterà dimezzato: 241 milioni di euro. Più dettagliata l’analisi fatta dal Centro Studi sui dodici mesi tra agosto 2014 e luglio 2015. Guardando alle diverse categorie di prodotti agroalimentari (tabella 2), quelle che hanno subìto, in seguito all’embargo, la maggiore flessione dei valori esportati in Russia sono: frutta (-56,9 milioni di euro), carni e frattaglie (-44,2 milioni), formaggi e latticini (-41,7 milioni). Le maggiori flessioni percentuali riguardano: ortaggi (-98,9%), frutta (-94,5%), formaggi e latticini (-93,6%), carni e frattaglie (-88,4%).
Gli effetti dell’embargo russo – mette in evidenza il centro studi di Confagricoltura – non si sono fatti sentire solo nel nostro Paese. Nel 2013 l’Italia rappresentava il 5,1% dell’export complessivo di prodotti agroalimentari verso la Russia (bevande escluse) dei Paesi dell’Unione Europea, posizionandosi, nonostante il forte progresso registrato negli ultimi anni (+119% fra il 2009-2013), all’ottavo posto. In seguito all’embargo, il nostro Paese ha subìto una riduzione dei valori esportati verso la Russia del 50,3%, sensibilmente inferiore a quella di tutti i principali Paesi UE, escluse Olanda e Germania, salendo così al 5° posto, preceduto solo da Olanda, Germania, Polonia e Lituania.
Il rapporto completo: http://www.confagricoltura.it/ita/comunicazioni_centro-studi-confagricoltura/