Come riportano i dati Istat sul commercio internazionale, il comparto agroalimentare nel 2015 ha fatto registrare un export pari a 36,848 miliardi di euro.
“Nel 2015 – ha commentato il Ministro Maurizio Martina – abbiamo superato il nostro obiettivo sfiorando quota 37 miliardi di euro nelle esportazioni con un aumento. Nei mesi da maggio a dicembre l’aumento rispetto allo scorso anno è stato di quasi 1,7 miliardi di euro. Abbiamo registrato così l’effetto positivo di Expo Milano 2015, dove l’Italia ha saputo presentare la forza delle sue filiere in oltre 50 mila incontri con operatori. Si sono aperti nuovi scenari, che stiamo consolidando attraverso partnership strategiche, in mercati dal potenziale interessante come ad esempio l’Iran. A questo si aggiunge il lavoro unitario di promozione che il Governo ha fatto con il piano per l’internazionalizzazione del Made in Italy. Rispetto a 12 mesi fa oggi l’agroalimentare ha un segno unico distintivo, che lo rappresenta in maniera univoca ed è stato protagonista anche di una campagna mirata su un mercato strategico come quello degli Usa, e un piano di azioni che porta tutto il sistema a fare squadra. Se non fosse stato per gli effetti dell’embargo russo avremmo certamente superato i 37 miliardi. Questi risultati sono la prova che possiamo raggiungere quota 50 miliardi entro il 2020”.
I PRINCIPALI RISULTATI PER AREA – La principale area di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani si conferma l’Unione europea, andando oltre i 24 miliardi di valore con una variazione del 6,1% rispetto al 2014. In questo scenario tra i Paesi più importanti c’è la Germania che nel 2015 ha importato 6,5 miliardi di euro di prodotti agricoli e alimentari Made in Italy. Cresce del 9,4% l’area extra Ue, superando i 12 miliardi di euro. Spiccano gli aumenti del mercato degli Stati Uniti d’America che arriva a 3,6 miliardi con un +20% sul 2014 e della Cina, che con un incremento del 23%, sfiora il mezzo miliardo complessivo.
CIA: "Ma record sia nuova partenza e non traguardo" – “Numeri positivi che però, senza la perdite derivanti dall’embargo russo, avrebbero consentito al nostro agroalimentare di superare i 37 miliardi di euro -spiega il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Per questo il record dell’export deve rappresentare un punto di partenza e non, al contrario, essere visto come un traguardo. Occorrono risposte sul fronte commerciale e diplomatico, a partire dalla risoluzione della crisi russa che sta penalizzando fortemente le nostre produzioni”. Inoltre, “pur dimostrando di essere pronte alla sfida dei mercati internazionali e di saper trainare positivamente l’intera bilancia commerciale estera nazionale, sono ancora molte le aziende agricole italiane che faticano a uscire dalla crisi -continua Scanavino-. Ecco perché sono altrettanto urgenti risposte di politica, in sede nazionale sia comunitaria, che vadano verso l’alleggerimento della burocrazia e la semplificazione, il riequilibrio dei rapporti di filiera, la remunerazione dei redditi delle aziende, la messa a punto di strumenti moderni per gestire le crisi di mercato. Se non si lavora urgentemente in questa direzione -conclude il presidente nazionale della Cia- i risultati positivi sui mercati esteri rischiano di veder vanificati i loro effetti e le potenzialità del settore di restare inespresse”.