In un contesto di generale flessione della domanda estera (-1,7% nel primo trimestre), le vendite agroalimentari si muovono in controtendenza e guadagnano circa 2 punti percentuali su base annua, arrivando a sfiorare nei primi tre mesi del 2016 quasi 9 miliardi di euro. Qualora tale trend fosse confermato a fine anno, il valore di prodotti agricoli, cibi e bevande Made in Italy esportati nel mondo avvicinerebbe i 38 miliardi di euro. È questa la lettura dell’Ufficio Studi della Cia-Agricoltori Italiani degli ultimi dati Istat sul commercio estero diffusi oggi.
Con un valore superiore ai 5,9 miliardi di euro -osserva la Cia- lo sbocco comunitario continua a rappresentare la principale meta delle esportazioni nazionali (la Germania si è confermata la prima destinazione, seguita da Francia e Regno Unito) mentre, in termini di crescita tendenziale, è il mercato Usa a far registrare una delle performance trimestrali più significative (+4,4% per i prodotti alimentari e +23% quelli agricoli). Sul fronte russo, invece, nonostante una ripresa relativa delle esportazioni agricole nell’intervallo gennaio-marzo 2016, rispetto al periodo pre-embargo, l’agroalimentare Made in italy si è più che dimezzato e ha perso circa 83 milioni di euro.
"I numeri positivi sul commercio estero -commenta il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino -assumono una connotazione ancora più importante se si considera che la crescita è stata trainata da mercati strategici, sia nell’area Euro che negli Stati Uniti. Le aziende agricole italiane dimostrano ancora una volta di essere pronte alla sfida dei mercati internazionali, fornendo il loro contributo alla bilancia commerciale estera. Ma la positiva performance delle esportazioni di inizio anno deve rappresentare un punto di partenza e non essere visto come un arrivo. L’ambizioso traguardo di 50 miliardi di esportazioni agroalimentari entro il 2020 -continua Scanavino- passa necessariamente attraverso il maggior protagonismo delle imprese agricole e la centralità del proprio ruolo all’interno delle dinamiche di filiera".
Di pari passo "occorrono risposte sul fronte commerciale e diplomatico, a partire dalla risoluzione della crisi russa che sta penalizzando fortemente le nostre produzioni e che, in vista dell’approssimarsi della campagna estiva, rischia di aggravarsi ulteriormente. Se non si lavora urgentemente in questa direzione -conclude il presidente della Cia- i risultati positivi sui mercati esteri rischiano di veder vanificati i loro effetti e le potenzialità di restare inespresse".