La Corte di giustizia dell’Unione europea ha accolto la richiesta di Greenpeace e del Pesticide Action Network (Pan) Europe stabilendo che i test di sicurezza condotti dalle aziende chimiche per valutare i pericoli dei pesticidi devono essere resi pubblici. Per la Corte di giustizia questi studi rientrano nell’ambito delle «informazioni sulle emissioni nell’ambiente», come definito ai sensi della Convenzione di Aarhus e delle norme Ue che hanno recepito questa Convenzione. Notizia accolta positivamente dalla coalizione No Glifosato, di cui fa parte Maria Mammuccini. «È la conferma di quanto la nostra battaglia avesse un fondamento concreto – commenta Mammuccini -. Non ci sono leggi di mercato che vengono prima la salute dei cittadini. Ciò non vuol dire limitare la libertà di mercato, significa però che non si può inquinare il cibo e avvelenare l’ambiente per trarne guadagni nel commercio».
La sentenza dell’Ue In sostanza, la Corte di giustizia Ue ha fatto cadere il segreto industriale (e commerciale) sull’uso dei pesticidi e il Parlamento europeo ha detto no al rinnovo dell’autorizzazione per l’utilizzo in agricoltura dell’erbicida bentazone. In particolare, la Corte ha stabilito che nella richiesta di accesso agli atti sull’autorizzazione di prodotti agrochimici il diritto all’informazione prevale sulla tutela del segreto commerciale e industriale. I giudici comunitari hanno dato torto alla Commissione europea, che aveva divulgato solo parte delle informazioni richieste da due Ong circa la prima autorizzazione del glifosato trincerandosi dietro l’obbligo del mantenimento del segreto.
I punti chiave «Ci sono dei punti chiave di questa sentenza – spiega ancora Maria Grazia Mammuccini -. Il primo è che non si piò, in nome della tutela del segreto commerciale, non considerare aspetti importanti come la tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente. La Corte Ue ha ribaltato questa visione, in un momento molto importante per noi visto che nel 2017 scadrà la proroga per l’uso del glifosato». Importante, secondo Mammuccini, anche l’aspetto per cui in base alla sentenza si potrà avere «trasparenza sull’utilizzo di tutti i pesticidi. Non può più succedere quello che è accaduto fino a oggi, e cioè un utilizzo di queste sostanze senza norme che mirino, in primo luogo, alla salute dei cittadini». «Ci deve essere trasparenza – conclude Mammuccini –, gli enti pubblici devono muoversi affinché l’utilizzo dei pesticidi sia ridotto al minimo e con piena coscienza per le conseguenze per la salute, con controlli specifici verso chi li usa».
Esultano le associazioni ambientaliste «La sentenza stabilisce che le autorità devono pubblicare tutti gli studi utilizzati per le valutazioni dei rischi dei pesticidi, e non possono tenerli segreti per proteggere gli interessi commerciali delle aziende», spiega Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia. «In base alla sentenza odierna, sia le autorità europee che quelle nazionali dovranno d’ora in poi rendere pubblici questi studi in automatico, e non solo a seguito di richieste di accesso ai dati. Nelle valutazioni dei rischi dei pesticidi la trasparenza è di vitale importanza, dato che sono a rischio salute e ambiente», conclude Ferrario. «Il fatto che i test di valutazione sulla sicurezza delle sostanze analizzate siano effettuati dalle stesse aziende che le producono costituisce di per sé un evidente conflitto di interessi», aggiunge Hans Muilerman di PAN Europe. «La pubblicazione dei risultati integrali servirà a verificare se i dati parziali che le aziende hanno fornito originariamente alle autorità corrispondono a ciò che è effettivamente emerso dagli studi», conclude Muilerman.
Reazione politica La sentenza è stata ripresa, in Italia, anche dal Movimento 5 Stelle. «Il Governo Renzi pubblichi subito on line i dati sui test di sicurezza condotti dalle aziende chimiche per valutare i pericoli del glifosato e degli altri pesticidi in modo da garantire ai consumatori la massima trasparenza e specificare quali azioni saranno messe in atto in modo da rispettare e applicare la sentenza della Corte di Giustizia Ue». È questo, in sintesi, il contenuto di un’interrogazione del M5S annunciata dal deputato Mirko Busto, primo firmatario del provvedimento rivolto ai ministeri di Ambiente, Salute e Agricoltura.