Il bardiccio, tipico insaccato realizzato con gli ultimi scarti del maiale e speziato con finocchio selvatico, diventa protagonista di un’incursione nella storia e nel folklore locale, alla scoperta di quella cucina “povera” negli ingredienti ma testimonianza di un’antica sapienza contadina che il lettore apprezzerà pagina dopo pagina. Il bardiccio è uno solo (“Non fatevi infinocchiare”, ammonisce Bobo nella copertina firmata da Sergio Staino, scherzando sull’ingrediente principe) ma di cose da dire ce ne sono molte e il libro (Edizioni Polistampa) scorre alternando racconti e interviste, immagini d’epoca e naturalmente ricette ad hoc pensate da chef titolati, che collocano il celebre insaccato al centro di primi, secondi piatti e perfino dessert. Tra un ricordo e un aneddoto, spiccano le illustrazioni di Giovanni Maranghi e un’accurata ricerca lessicale di Matilde Paoli, che attribuisce alla salsiccia un ricco pedigree. “Il bardiccio”, spiega la studiosa, “ci racconta una storia molto ‘saporita’, fatta di tradizioni locali, ma anche di contatti fra popolazioni, ci parla di gente che vive duramente, che si sposta e si incontra, che è capace di scambiare esperienze con l’altro, anche quando viene da lontano. Una pietanza nata povera, viva in un’area circoscritta ma capace, a saper guardare, di aprire la mente, oltre che lo stomaco, a ciò che c’è fuori dai nostri confini”.
“Non fatevi infinocchiare!”, alla scoperta della Valdisieve sulle tracce del Bardiccio
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