Continua l’allarme riso in Italia. L’import selvaggio a dazio zero sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte aziende e dello stesso comparto. Per questo Cia e Confagricoltura delle province risicole, unitamente alle associazioni di prodotto, ai consorzi e alle cooperative, hanno organizzato una conferenza stampa (16 febbraio, ore 12:30 a Novara, sala Leonardo di Est Sesia in Via Neuroni) per denunciare una situazione pesantissima che è cominciata con la decisione dell’Unione europea di liberalizzare, dal 2009, l’importazione di riso a dazio zero dai Paesi meno avanzati (Pma). Da allora a oggi, dicono Cia a Confagricolura, le sole importazioni dai paesi Pma sono aumentate del 4.440 per cento per il riso lavorato e del 5.650 per cento per il risone e questo ha contribuito in maniera determinante all’aumento, nello stesso periodo, delle importazioni totali di riso in Comunità, arrivate nel 2016 alla cifra record di 1,4 milioni di tonnellate, pari al 65 per cento in più rispetto alla campagna 2008/2009.
Crisi del settore del riso Un’analisi più in dettaglio sulla situazione di mercato, evidenzia un altro dato preoccupante: anche l’importazione di riso lavorato in piccole confezioni è aumentato in modo esponenziale, ben il 45 per cento in più dal 2013 al 2016. La crisi del settore è certificata in modo chiaro dalla stessa Commissione europea che ha preventivato per la campagna in corso rimanenze finali (e cioè riso non collocato sul mercato) pari a 585 mila tonnellate, circa un terzo dell’intera produzione comunitaria. Anche in questo caso un altro record negativo, considerato che le misure di intervento sono sostanzialmente inefficaci. Questo stato di cose ha portato gli agricoltori a diminuire del 40 per cento la superficie a riso indicato -quello maggiormente concorrenziato dal prodotto di importazione dai Pma- e ad aumentare nel contempo del 14 per cento la superficie a riso japonica, creando in tal modo i presupposti per lo squilibrio di mercato di tutte le due tipologie di prodotto con il conseguente crollo delle quotazioni dei risoni delle ultime settimane.
L’appello Il calo delle superfici a riso indica è stato determinato dalla scelta del nostro paese di non aumentare il pagamento “accoppiato” previsto dalla politica agricola comune, per gli ettari coltivati, appunto, a riso indica; una misura che avrebbe potuto incentivare maggiormente le semine di queste varietà di riso. Per ridare prospettive al settore riso è di conseguenza necessario che sia messo uno stop immediato ad ulteriori concessioni tariffarie sul riso; che, nei confronti delle importazioni dai Pma, venga subito applicata la Clausola di salvaguardia prevista dalle regole comunitarie; che siano varate con urgenza norme che rendano chiaramente riconoscibile l’origine del riso confezionato; che venga previsto e adeguatamente finanziato un consistente programma di promozione del riso italiano.
Le azioni intraprese Le associazioni di prodotto, i consorzi e le cooperative (Consorzio vendita risone di Vercelli, Associazione risicoltori piemontesi di Vercelli, Cooperativa San Gaudenzio di Novara, Consorzio interregionale risicoltori di Novara, Servizio vendita risone di Mortara e Consorzio Vendita risone da risotto di Milano e Pavia), assistite da Confcooperative Piemonte, stanno valutando tutte le possibili contromisure in grado di favorire un ritorno alle semine di riso indica, passo indispensabile per un riequilibrio di mercato che consenta il ritorno a quotazioni “normali” anche per il riso japonica.