Imprese agricole e regime fiscale. Speciale o ordinario? È tempo di scelte

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I primi mesi dell’anno sono un appuntamento da non dimenticare per l’imprenditore agricolo: rimanere (o tornare) nel regime speciale IVA, oppure entrare (rimanere) nel regime ordinario, quello delle imprese commerciali per intendersi. Le considerazioni da fare sono tante ed in questo articolo non riusciremo ad analizzarle tutte e meno che mai, con la puntualità che è necessaria. Per questo motivo non possiamo che raccomandare all’interessato di prendere un appuntamento con i nostri esperti territoriali. La prima cosa da fare, prima di rimanere (comprensibilmente) abbagliati dalla prospettiva di recuperare la liquidità rappresentata dall’IVA pagata sulle fatture di acquisto, è verificare quale aliquota IVA l’imprenditore deve applicare alla maggior parte dei prodotti in vendita.

 

Da sapere Fatto ciò, è necessario anche verificare quale è l’aliquota compensativa degli stessi prodotti, quella cioè che il fisco “sconta” all’impresa agricola in regime speciale, in cambio della indetraibilità dell’Imposta sostenuta per gli acquisti. Ad esempio, il vino ha un’aliquota IVA del 22%; la compensativa è il 12,30%. Se l’imprenditore rimane nel regime speciale, l’IVA che dovrà versare all’Erario per la vendita del vino, è il 9,7%, ovvero, la differenza tra il 22 ed il 12,30% e ciò indipendentemente dall’Imposta pagata per gli acquisti di beni e servizi inerenti l’attività. Se l’imprenditore dell’esempio appena fatto sceglie di entrare nel regime ordinario, perde il diritto alla riduzione forfettaria dell’aliquota compensativa (12,30% per il vino). Teoricamente dovrebbe quindi versare all’Erario, il totale dell’IVA al 22%. Da questa ultima però, potrà detrarre per intero l’IVA pagata ai fornitori di beni e servizi inerenti l’attività. Se l’IVA pagata ai fornitori per gli acquisti è rilevante e/o l’imprenditore produce e vende beni ad aliquota IVA bassa, al 4% od anche al 10%, è molto probabile la convenienza per il regime ordinario. Se sceglie il regime ordinario deve mantenerlo per almeno 3 anni, limite più o meno teorico, visto che uscire prima di 5 o 10 anni, se sono stati effettuati investimenti rispettivamente in beni strumentali mobili (macchine agricole, impianti, ecc.) o in beni immobili (nuove costruzioni, ristrutturazioni edilizie, ecc.), comporta la necessità di riversare una parte dell’Imposta o di scalarla dal credito complessivamente accumulato fino a quel momento. L’imprenditore che entra nel regime ordinario, deve anche ricordare che se effettua vendita diretta dei propri prodotti, dovrà certificare gli incassi emettendo lo scontrino fiscale, utilizzando il registratore di cassa, se la vendita avviene al di fuori del proprio fondo (mercati, fiere, ecc.), con sistemi alternativi (scontrino manuale, ricevuta fiscale, DDT integrato con il prezzo, fattura) se la vendita diretta avviene in azienda.

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