Sulla caccia ai lupi, il ministro dell’Ambiente Galletti non fa marcia indietro. L’abbattimento «è previsto in gran parte dei Paesi europei, siamo noi che siamo indietro», dice in aula alla Camera, difendendo il suo Piano Lupo che prevede le uccisioni controllate. Il Piano Lupo (preparato dal Ministero con l’Ispra e 70 esperti) deve essere votato dalla Conferenza Stato-Regioni il prossimo 23 febbraio. C’è consenso generale su quasi tutte le misure: promozione di sistemi di prevenzione naturali (cani pastori, rifugi, recinti elettrificati), rimborsi più rapidi agli allevatori, gestione dei pascoli, lotta agli incroci con i cani, nucleo anti-bracconaggio dei Carabinieri.
Il problema sono gli abbattimenti controllati Sono previsti in casi estremi, previo un piano regionale approvato dal Ministero e solo fino al 5% della popolazione nazionale (in Italia ci sono 1.200-2.000 lupi). Undici Regioni sono contrarie alla riapertura della caccia (vietata da 46 anni): il 2 febbraio scorso hanno ottenuto un rinvio dell’approvazione del Piano, per riesaminare proprio questa misura.
Ma Galletti rispondendo oggi a un’interpellanza alla Camera (LEGGI), ha mostrato di non voler rinunciare agli abbattimenti. «Non ci inventiamo niente di nuovo, la rimozione dei lupi è prevista in gran parte dei Paesi europei, siamo noi che siamo indietro – ha detto -. Chi respinge questo Piano – ha proseguito – sta facendo in modo che la caccia al lupo resti aperta. Il problema sono quei 250-300 lupi che ogni anno vengono ‘bracconati’. Questo perché oggi manca un equilibrio nella convivenza tra attività economiche, lupo e uomo. Io potevo benissimo fare a meno di intraprendere questo percorso sulla gestione del lupo perché la competenza è delle Regioni – ha detto ancora il ministro -. Ma ho preso atto di una situazione intollerabile. Ho chiesto alla scienza, siamo andati dai maggiori esperti. Questo Piano ha una valenza scientifica forte. La situazione così non la lascio, perché è indecorosa».