Un Decreto del Ministero dell’Ambiente è stato pubblicato il 13 ottobre scorso con l’obiettivo di agevolare e rendere più certo il ricorso all’utilizzo di residui di produzione come sottoprodotti, e quindi il loro uso in attività economiche ed in processi produttivi come beni anziché come rifiuti. Non è stato semplice fin’ora per il produttore dimostrare, all’autorità competente, che un determinato residuo produttivo è giuridicamente un sottoprodotto e non un rifiuto, più volte la Cia ha chiesto che fosse fatta chiarezza su questo argomento ed ha accolto con favore questa iniziativa ministeriale che finalmente oggi chiarisce quali sono i requisiti che fanno di un prodotto un sottoprodotto e non un rifiuto. Di seguito proviamo a sintetizzare i contenuti significativi del Decreto: innanzitutto si definisce il residuo: ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente prodotto in un processo di produzione e che può essere o non essere un rifiuto.
Quando un residuo può considerarsi un rifiuto? Quando un produttore non può dimostrare che esso possa essere utilizzato nello stesso o in un successivo processo da se stesso o da parte di terzi. Quando un residuo si può considerare un sottoprodotto? Quando il produttore dimostra che, non essendo stati prodotti volontariamente e come obiettivo primario del ciclo produttivo, sono destinati ad essere utilizzati nello stesso o in un successivo processo, dal produttore medesimo o da parte di terzi. In effetti in ogni fase della gestione del residuo, è necessario fornire la dimostrazione che sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
La certezza dell’utilizzo Nell’art.4 comma 2 del DM n.264/2016 si spiega come riscontrare la certezza nell’utilizzo della sostanza nel corso del processo di produzione o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi, da dimostrare. Quanto ai residui in un ciclo di produzione diverso da quello da cui si è originato (art. 5), per la certezza di utilizzo si presuppone che l’attività o l’impianto in cui il residuo deve essere utilizzato sia individuato o individuabile già al momento della produzione dello stesso. Ne costituisce elemento di prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori. Da segnalare infine che è previsto che le Camere di Commercio competenti per territorio istituiscano un elenco specifico in cui si iscrivono senza alcun onere i produttori e gli utilizzatori di sottoprodotti, per facilitare la cessione e l’utilizzazione dei sottoprodotti stessi.