Il prodotto ripartito tra le aziende agricole costituenti una rete di imprese, rientra nel reddito agrario delle
singole retiste. Non senza condizioni però. Rompendo un silenzio durato anni, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sull’argomento “Reti di imprese agricole”, sollecitata da un’istanza presentata dalla Cia Agricoltori Italiani. Forse anche andando un po’ oltre le attese.
Anche le imprese agricole possono costituire una “rete” tramite la quale possono condividere conoscenze, beni e risorse finalizzate all’incremento o al miglioramento della produzione. Con il pronunciamento in commento, l’Agenzia ha per prima cosa precisato che le imprese agricole costituenti una “rete”, sono destinatarie di specifiche determinazioni normative. Le imprese interessate devono rientrare nel concetto di “piccole e medie imprese nella forma giuridica di imprese individuali o associate” e devono rendere disponibili alla costituenda rete i mezzi necessari a perseguire l’auspicato aumento di competitività e di innovazione delle partecipanti. Il problema che si poneva e che è stato rappresentato all’Agenzia delle entrate, era in relazione
ai riflessi fiscali della suddivisione dei prodotti ottenuti nella produzione in comune. L’Agenzia ha precisato che per prima cosa tale possibilità deve essere specificamente indicata nell’atto costitutivo, con una disposizione che può essere così espressa: “la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete”. Possibilità che, però deve rispettare alcune condizioni:
a) le retiste devono svolgere attività agricole “pure”; se svolgono anche attività connesse, queste ultime non devono risultare prevalenti anche in termini di organizzazione. Ad esempio: impresa agricola vitivinicola ed impresa agricola
vitivinicola con cantina attrezzata per la trasformazione e successiva lavorazione delle uve e dei vini, possono costituire una rete di imprese agricole, se una delle due effettua solo la trasformazione delle uve, no;
b) la disponibilità dei terreni, anche in parte, alle attività della rete, deve essere obbligatoria e significativa, adeguata
all’uso comune;
c) la partecipazione delle retiste al raggiungimento dell’obiettivo (divisione dei prodotti ottenuti), deve essere realizzato con apporto e condivisione dei beni, mezzi, risorse umane, ecc. proporzionati alle potenzialità dei terreni disponibili, in misura equivalente tra le retiste e con espresso divieto di “monetizzare” le spettanze;
d) la divisione della produzione ottenuta con la rete, deve avvenire in proporzione al valore complessivo apportato dal singolo retista;
e) i prodotti divisi non devono essere ceduti tra i retisti.
Rispettando i requisiti sopra esposti, all’atto della divisione dei prodotti ottenuti, l’operazione sarà esclusa da IVA, dato che non interviene alcun pagamento. All’atto della vendita del prodotto ottenuto dalla ripartizione, ogni imprenditore/retista applicherà il regime IVA, speciale o ordinario, adottato. Se tra le retiste viene individuato una
capofila ed è previsto che lo stesso dovrà effettuare la vendita della produzione complessivamente ottenuta, quanto riferibile allo stesso sarà soggetto al regime IVA adottato, per la parte di “competenza” degli altri retisti, dovrà adottare il regime ordinario. Ai fini delle imposte dirette, la somma complessiva dei redditi agrari dei terreni resi disponibili alla rete, dovrà essere suddiviso tra le retiste per quote, secondo quanto determinato nel contratto di rete.
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