Bovini alimentati con dieta tradizionale unifeed ma con l’integrazione di semi di lino possono produrre un latte due volte più ricco di Omega 3, acidi grassi dalle proprietà benefiche per la salute umana. È solo una delle conclusioni alle quali è giunto lo studio che verrà presentato il 25 ottobre nell’ambito delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona. La ricerca è stata compiuta dal CREA-ZA di Lodi (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di Ricerca Zootecnia Acquacoltura) e ha dimostrato come modifiche significative dell’alimentazione animale possono portare a modifiche altrettanto significative della composizione del grasso del latte in termini sicuramente positivi dal punto di vista nutrizionale.
Omega 3 più che raddoppiati «Il latte e il grasso del latte, quindi il burro – spiega Giovanna Contarini, dirigente di ricerca presso CREA-ZA – sono spesso demonizzati per il loro contenuto di colesterolo e acidi grassi saturi. Questa è opinione diffusa, ma quello che si è già realizzato in alcune realtà e che ora si vuole far sapere è che una modifica dell’alimentazione degli animali, con l’introduzione nella dieta di semi di lino ad alto contenuto di acidi grassi polinsaturi, può migliorare la composizione del grasso di latte. Si tratta infatti di una tipologia di grassi considerati in senso positivo per la salute umana rispetto a quelli saturi». Il CREA fa un esempio significativo, limitandosi ai soli acidi grassi Omega 3: «Se in un latte prodotto in alimentazione tradizionale della Pianura Padana (unifeed) la quota di Omega 3 presente è pari allo 0,3-0,4% su tutti gli acidi presenti – continua Contarini –, la stessa alimentazione tradizionale integrata a quella con semi di lino porta la quota fino all’1 o all’1,2%, quindi a più del doppio degli Omega 3. Questo numero non copre ovviamente il fabbisogno giornaliero, ma contribuisce in maniera importante ad aumentare la quota di acidi grassi positivi diminuendo quella negativa».
Latte, proteine e grassi: i miti da sfatare A sottolineare come aleggino una serie di falsi miti attorno al latte è sempre la stessa dirigente di ricerca del CREA-ZA: «Il latte è un alimento da non escludere dalla dieta, è un alimento completo perché dal punto di vista delle proteine è ad alto valore aggiunto: contiene tutti gli amminoacidi essenziali, mentre soia e altre fonti proteiche non sono così ben bilanciate o spesso non contengono amminoacidi essenziali. Per ciò che riguarda la frazione lipidica, poi, si è sempre fatto un ragionamento parziale, parlando genericamente di “acidi grassi” ma senza vedere esattamente quali questi acidi grassi fossero. Di grassi saturi ne esistono da molto corti a molto lunghi, diciamo da 4 a 18 atomi di carbonio. Il grasso di latte, il burro, è l’unico fra tutti i grassi che contengono acidi grassi saturi, ad averne di così corti, e cioè da 4, 6, 8 atomi. Questi, dal punto dell’alimentazione umana, si comportano da insaturi, perché non si depositano sulle arterie come accade invece per alcuni grassi vegetali come cocco e palma o i grassi idrogenati, tutti più lunghi. Stesso discorso per il colesterolo: per gli adulti giusto limitarsi se ci sono problemi di quel tipo, ma se parliamo di bambini, la presenza di colesterolo è importante per il corretto sviluppo ormonale. Anche per le vitamine il latte è assolutamente completo».
Benessere animale Nel corso della presentazione a Cremona si parlerà di come è possibile modificare la composizione agendo sull’alimentazione dei bovini «nel pieno rispetto del benessere degli animali stessi», verranno inoltre mostrati i risultati ottenuti da una ricerca nel comprensorio del Parmigiano Reggiano, dove questo tipo di alimentazione è già consentito dal disciplinare dei formaggi DOP, in particolare Grana e Parmigiano: «Alcuni risultati dello studio compiuto dal CREA su grasso di latte – spiega ancora Contarini – mostrano l’incremento non solo di grassi Omega 3 ma anche del CLA, acido linoleico coniugato, che secondo evidenze scientifiche è anch’esso positivo per la salute umana».
Il burro nobile Fra gli interventi previsti al convegno c’è anche quello di Luigi Tamburini, presidente della LattEmilia, cooperativa che già da qualche anno ha adottato questo tipo di regime e che fa parte del comprensorio del Parmigiano Reggiano. «Il Parmigiano viene fatto con latte parzialmente affiorato: la panna che affiora viene utilizzata per produrre del burro detto “nobile” proprio per le pticolarità nutrizionali che possiede» conclude Contarini.