La richiesta dei certificati antimafia determina lo stop a tutti pagamenti dell’anticipo Pac non incassati prima del 19 novembre. È quanto annunciato in una lettera inviata lo scorso 15 novembre dagli organismi pagatori, Agea compresa, al direttore generale di Agenzia per le erogazioni agricoltura, Gabriele Papa Pagliardini.
Incompatibilità Lo rende noto, nel numero in uscita oggi, L’informatore Agrario, che riporta ampi stralci della missiva di cui è entrato in possesso. Il rischio, paventato una settimana fa dal settimanale, si è quindi concretizzato e allo stato attuale i pagamenti sono bloccati nonostante, a detta degli enti pagatori: “l’obbligo generalizzato di acquisire la documentazione antimafia, secondo le modalità operative ora vigenti, appare del tutto incompatibile con il rispetto dei termini inderogabili e perentori di pagamento stabiliti dalla normativa unionale per le erogazioni agricole”. A una prima stima de L’Informatore Agrario la paralisi sui pagamenti riguarda decine di migliaia di aziende, visto che le Prefetture saranno invase dalle richieste di certificazioni antimafia e che le medesime hanno 30 giorni di tempo per rispondere, trascorsi i quali, in assenza di riscontro, gli organismi pagatori potranno procedere all’erogazione del pagamento. Tra le numerose difficoltà determinate dalla legge ed evidenziate dagli organismi pagatori, la dubbia interpretazione della norma, il trattamento discriminatorio tra agricoltori che hanno già incassato gli aiuti e gli altri, lo svantaggio competitivo rispetto ai colleghi Ue e la mancanza di strumenti adeguati alle interrogazioni massive della Banca dati nazionale della documentazione antimafia per “milioni di soggetti”. Difficoltà che permarrebbero anche nel caso di riduzione della platea di produttori soggetti all’obbligo antimafia.
La rabbia di Confagricoltura «Dal 20 novembre scatta la richiesta di certificazione antimafia per circa un milione di agricoltori beneficiari dei fondi europei, paralizzando l’Agea e tutti gli organismi pagatori, aggravando il carico burocratico ma, soprattutto, determinando l’arresto del flusso delle erogazioni dei fondi UE, a danno di tutte le aziende agricole. Si vanifica totalmente l’impegno profuso dal governo per rendere più efficiente il sistema di gestione delle risorse europee; peraltro si ingolfano pure le Prefetture che sono chiamate a gestire una mole enorme di documenti». Lo ha sottolineato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti che è intervenuto sul ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e sulla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, richiamando i problemi relativi alle disposizioni della legge 161/17 che prevede l’acquisizione della documentazione antimafia per i terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei. «Condividiamo pienamente le finalità della normativa antimafia ma ci sembra assurdo paralizzare il sistema degli organismi pagatori proprio ora che sta operando con efficacia e penalizzare le imprese agricole. Ci attendevamo provvedimenti nel DL Fiscale all’esame della Camera, ma la norma introdotta nel maxiemendamento riguarda solo le piccole imprese che ricevono fondi europei entro i 5mila euro. Così non si risolve il problema per le imprese più produttive e competitive». Confagricoltura ha quindi sollecitato il governo a porre in essere tempestivamente «un ulteriore intervento anche legislativo per evitare i gravissimi disagi e danni per gli agricoltori per l’ulteriore aggravio di burocrazia».